CIRCOLARE 22/2002 DEL 19/06/2002
Si riporta di seguito il testo integrale della Circolare Ministeriale n. 50/02 concernente le risposte in materia di questioni interpretative relative a UNICO 2002
Circolare 50 del 12.06.02
OGGETTO Videoconferenza del 14 maggio 2002 sui modelli di dichiarazione UNICO 2002. Risposte ai quesiti in materia di questioni interpretative.
TESTO
1 ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE
1.1 Spese deducibili da parte dell'associato
1.2 Contratto di associazione in partecipazione redatto in forma di
scrittura privata.
2 PENALE PER IL RITARDATO RILASCIO DI IMMOBILE CONCESSO IN LOCAZIONE
3 ONERI DEDUCIBILI
3.1 Coniugi separati -versamento al coniuge separato di somma in unica
soluzione.
3.2 Assegni al coniuge
3.3 Procedure di adozione internazionale
3.4 Deducibilita' di contributi previdenziali obbligatori e facoltativi
versati per persone fiscalmente a carico.
3.5 Contributo al servizio sanitario nazionale
4 INTERESSI PASSIVI PER MUTUI IPOTECARI
4.1 Detrazione della quota di interessi passivi per acquisto di unita'
immobiliare oggetto di ristrutturazione edilizia
4.2 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su mutuo
per abitazione di un figlio.
4.3 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su mutuo
per acquisto di unita' immobiliare locata
4.4 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su mutui
per acquisto di due unita' immobiliari
4.5 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti per
finanziamento
4.6 Detrazione della quota di interessi passivi del coniuge a carico da
parte del coniuge in possesso di redditi
5 INTERVENTI DI RECUPERO EDILIZIO
5.1 Detrazione del 36 per cento delle spese sostenute per gli
interventi di recupero edilizio
6 LAVORO DIPENDENTE
6.1 Contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o
dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine
assistenziale in conformita' a disposizioni di contratto o di
accordo o di regolamento aziendale.
6.2 Detrazione per lavoratori che trasferiscono la residenza
7 REDDITI ASSIMILATI A QUELLI DI LAVORO DIPENDENTE
7.1 Amministratore di societa'
8 Fondo Indennita' Risoluzione Rapporto
8.1 Rilevanza ai fini IRAP del Fondo Indennita' Risoluzione Rapporto
9 LEGGE FINANZIARIA PER IL 2002
9.1 Affrancamento dei maggiori valori iscritti a seguito di
conferimenti "intracomunitari"
9.2 Estromissione di beni dall'impresa individuale
10 RIPORTO DELL'AGEVOLAZIONE DIT
11 REGIME FISCALE DI SOCIETA' SEMPLICE AGRICOLA
12 REDDITO D'IMPRESA - ARTICOLO 121-BIS
13 AGEVOLAZIONE LEGGE 449/1997 - COMPENSABILITA' DEL CREDITO D'IMPOSTA
14 IRAP
15 TREMONTI-BIS
15.1 Immobili agevolabili per soggetti titolati di reddito di lavoro
autonomo
15.2 Investimenti realizzati tramite contratti di lease - back
15.3 Incremento e riporto delle perdite fiscali
16 AGEVOLAZIONE VISCO
17 AGEVOLAZIONE ARTICOLO 8, LEGGE N. 388 DEL 2000 CUMULABILITA'
18 REDDITI DI FONTE ESTERA
19 TERMINI DI VERSAMENTO - Articolo 17 del decreto del Presidente della
Repubblica 7 dicembre 2001, N. 435, come modificato dall'articolo 2
del decreto legge 15 aprile 2002, n. 63.
19.1 Societa' in liquidazione
19.2 Scioglimento anticipato delle societa' di persone senza preventiva
messa in liquidazione
19.3 Imposte sostitutive
19.4 Rateazione: calcolo degli interessi
19.5 Ravvedimento operoso di imposte non versate
20 NUOVE INIZIATIVE PRODUTTIVE ARTICOLO 13 LEGGE N. 388 DEL 2000
21 RETTIFICa DELLA DICHIARAZIONE
22 DICHIARAZIONE IN EURO
23 DEDUZIONE FORFETARIA AUTOTRASPORTATORI
24 IVA
24.1 Iva sugli spettacoli
24.2 Plafond
25 STUDI DI SETTORE
26 DIVIDENDI DI FONTE ITALIANA
27 EQUALIZZATORE
28 IMPOSTA SOSTITUTIVA DELL'11 PER CENTO SULLA RIVALUTAZIONE DEL TFR
Si riportano, di seguito, le risposte ai quesiti formulati in occasione
della videoconferenza del 14 maggio 2002, avente ad oggetto "Unico 2002".
1 ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE
1.1 Spese deducibili da parte dell'associato
D.: L'associato in partecipazione titolare di partita Iva quale quadro deve
compilare? Puo' avere un collaboratore coordinato e continuativo? Se si',
puo' dedurre il relativo compenso?
R.: I redditi derivanti dall'associazione in partecipazione sono considerati
come redditi di capitale, ai sensi dell'art. 41, lett. f), se l'apporto
dell'associato e' costituito da capitali o promiscuamente da capitale e
lavoro, e come redditi di lavoro autonomo, ai sensi dell'art. 49, comma 2,
lett. c), se l'apporto e' costituito esclusivamente da lavoro.
Nel primo caso, tali redditi andranno dichiarati nel quadro RI (redditi di
capitale) rigo 14 del Modello Unico 2002.
Nel secondo caso andranno dichiarati nel quadro RE, Sezione II (altri
redditi di lavoro autonomo), rigo 27 del Modello Unico 2002.
Inoltre, anche qualora, l'associato in partecipazione si avvalga di un
collaboratore coordinato e continuativo, non potra' comunque dedurre il
compenso a lui corrisposto, in quanto, nel caso in cui il suo apporto
costituisca reddito di lavoro autonomo, l'art. 50, comma 8, del Tuir afferma
che "le partecipazioni agli utili di cui all'art. 49, comma 2, lett. c),
costituiscono reddito per l'intero ammontare percepito nel periodo di
imposta".
1.2 Contratto di associazione in partecipazione redatto in forma di
scrittura privata.
D.: Una persona fisica (associato) ha stipulato un contratto di associazione
in partecipazione con una societa' di capitali (associante). L'apporto e'
costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro della persona fisica.
Le parti hanno redatto il contratto in forma di scrittura privata, ma non
hanno provveduto alla sua registrazione, ritenendo di non esservi tenute sia
perche' la prestazione dell'associato e' soggetta ad Iva e sia perche' il
contratto di associazione in partecipazione con apporto di solo lavoro e'
espressamente compreso tra quelli per i quali vi e' l'obbligo di
registrazione solo in caso d'uso (art. 10 Tariffa - Parte II - D.P.R.
131/1986). Si chiede di conoscere se l'associato puo' dedurre la quota di
partecipazione o se sono valide le istruzioni al modello di dichiarazione
"Unico Persone Fisiche", Fascicolo 3 - Appendice, pag. 75, le quali
stabiliscono che l'associante puo' dedurre la quota di partecipazione agli
utili del 2001 spettante all'associato solo se il contratto di associazione
in partecipazione risulta da atto pubblico o da scrittura privata registrata.
R.: Come e' noto l'associante puo' portare in diminuzione dal proprio
reddito di impresa le quote di utili spettanti agli associati in
partecipazione in coerenza con l'art. 2549 del codice civile secondo cui
"con il contratto di associazione in partecipazione l'associante attribuisce
all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o
piu' affari verso il corrispettivo di un determinato apporto".
Con Risoluzione del 13.5.1987 n. 999999 e' stato precisato che lo scomputo
delle quote di utili spettanti agli associati in partecipazione nella misura
derivante dal suindicato articolo puo' essere, infatti, effettuato agli
effetti fiscali dall'associante quale esclusivo titolare dell'impresa
stessa, indipendentemente dalla imputazione al conto economico.
Cio' premesso si precisa che il computo delle quote spettanti agli associati
in partecipazione in diminuzione del reddito di impresa dell'associante e'
ammesso, agli effetti fiscali, solo se ricorrono le seguenti condizioni:
- che il contratto di associazione in partecipazione risulti da atto
pubblico o da scrittura privata autenticata. Si fa presente che anche
la scrittura privata registrata e' un documento idoneo a provare
l'esistenza dell'associazione in partecipazione, atteso che la
registrazione attribuisce data certa all'atto e, quindi, spiega
effetti anche nei confronti dell'amministrazione finanziaria;
- che il contratto di associazione in partecipazione contenga la
specificazione dell'apporto e, qualora questo sia costituito da
denaro ed altri valori, contenga elementi certi e precisi comprovanti
l'avvenuto apporto;
- che, qualora l'apporto sia costituito da prestazione di lavoro, gli
associati non siano familiari dell'associante, ai sensi dell'art. 62,
comma 2, del TUIR.
Dunque, in mancanza di atti aventi data certa la quota spettante
all'associato non deve assumere alcuna rilevanza fiscale, ne' per
l'associato, per il quale non concorre a formare il reddito complessivo, ne'
per l'associante come costo nell'ambito del reddito di impresa.
2 PENALE PER IL RITARDATO RILASCIO DI IMMOBILE CONCESSO IN LOCAZIONE
D.: Si chiede di conoscere il trattamento fiscale della somma corrisposta ad
una persona fisica, proprietaria di due unita' immobiliari concesse in
comodato ad una societa', a titolo di penale per il ritardato rilascio.
R.: Le somme corrisposte a titolo di penale dal comodatario per il mancato
rilascio dell'immobile nei termini previsti dal contratto di comodato
costituiscono per il soggetto che li percepisce un risarcimento del danno
subito per il mancato utilizzo degli immobili stessi e pertanto non devono
essere assoggettate a tassazione ai fini dell'Irpef.
Si ricorda tuttavia che gli immobili concessi in comodato gratuito a
soggetti, diversi dai familiari che dimorino abitualmente nell'immobile,
sono equiparati, ai fini delle imposte dirette, agli immobili tenuti a
disposizione dal proprietario, con la conseguenza che il comodante ha
l'obbligo di dichiarare per gli stessi la rendita catastale aggiornata con i
normali coefficienti di rivalutazione ed aumentata di un terzo se ricorrono
i presupposti stabiliti dall'articolo 38 del Tuir.
3 ONERI DEDUCIBILI
3.1 Coniugi separati -versamento al coniuge separato di somma in unica
soluzione.
D.: Si chiede se, in caso di somme corrisposte in unica soluzione al coniuge
separato, le somme stesse possano essere dedotte dal reddito ai sensi
dell'articolo 10, lettera c) del Tuir.
R.: Ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c), del Tuir sono deducibili
dal reddito complessivo "gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad
esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di
separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del
matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui
risultano da provvedimenti dell'autorita' giudiziaria;...".
La formulazione adottata dalla norma ed in particolare il riferimento ai
soli "assegni periodici" impedisce la deduzione dal reddito complessivo del
contribuente delle somme corrisposte al coniuge in unica soluzione.
Una interpretazione che vada al di la del tenore testuale della norma
sarebbe infatti in contrasto con il principio di tassativita' degli oneri
deducibili.
3.2 Assegni al coniuge
D.: In una sentenza di separazione consensuale e' scritto: Le rate di mutuo
contratto per l'acquisto della casa saranno pagate dal Sig. xxxx per
l'intero ammontare e senza poter chiedere alla moglie il rimborso della
quota. La Sig.ra yyy per tale ragione e come corrispettivo rinuncia
all'assegno mensile di mantenimento. Puo' il Sig. xxx considerare tale
importo come alimenti e quindi dedurli dal reddito complessivo?
R.: Nel caso prospettato non e' possibile considerare l'importo del mutuo
come onere deducibile ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett.c), del Tuir, in
quanto il coniuge ha espressamente rinunciato all'assegno di mantenimento.
Inoltre, le somme destinate alle rate di mutuo, che non vengono corrisposte
al coniuge stesso, bensi' direttamente all'istituto mutuante, non sembrano
collegate ai medesimi presupposti dell'assegno di mantenimento.
3.3 Procedure di adozione internazionale
D.: Nell'appendice del Modello Unico 2002, alla voce "Altri oneri
deducibili" (da indicare nel rigo RP27) e' indicato il 50 per cento delle
spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento delle procedure di
adozione di minori stranieri purche' certificate nell'ammontare complessivo
dall'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di
adozione, secondo quanto previsto dalla legge n. 476 del 1998 che ha
riformato la legge sulle adozioni internazionali.
Si chiede se la detrazione spetti anche per le spese sostenute nell'anno
2001 in relazione a procedure di adozione internazionale iniziate
anteriormente al 16 novembre 2000 senza l'intervento degli enti autorizzati
e certificate, pertanto, da altri soggetti o autocertificate dalla stessa
coppia in caso di adozioni dirette.
R.: Deve ritenersi valida anche in relazione all'anno 2002 la risposta
fornita sull'argomento in occasione della videoconferenza per la
dichiarazione dei redditi dell'anno 2001, riportata nel punto 1.6.1 della
circolare n. 55/E del 2001. In tale occasione e' stato precisato che e'
consentita, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera l-bis),la deduzione
del 50% anche delle spese sostenute dagli aspiranti genitori che, avendo
iniziato le procedure prima del 16 novembre 2000, data di approvazione
dell'albo degli enti autorizzati dalla Commissione per le adozioni
internazionali, si siano avvalsi di enti non autorizzati o abbiano posto in
essere procedure di adozione senza l'aiuto di intermediari, a condizione,
pero' che la prosecuzione della procedura sia consentita dalla Commissione
stessa.
In tal caso l'inerenza della spesa alla procedura di adozione dovra' essere
autocertificata dai contribuenti ai sensi dell'articolo 47 del DPR n.445
del 2000 concernente il Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa.
3.4 Deducibilita' di contributi previdenziali obbligatori e facoltativi
versati per persone fiscalmente a carico.
D.: Per effetto delle modifiche apportate dall'articolo 13, comma 1, lettere
a) e b), del decreto legislativo n. 47 del 2000, che ha riformulato
l'articolo 10, comma 1, lettera e), e comma 2 del Tuir, e' previsto, tra
l'altro, che per gli oneri di cui alla lettera e-bis) del comma 1, sostenuti
nell'interesse delle persone indicate nell'articolo 12 che si trovino nelle
condizioni ivi previste, spetta la deduzione per l'ammontare non dedotto
dalle persone stesse, fermo restando l'importo complessivamente stabilito.
Tale disposizione si applica, altresi', per gli oneri di cui alla lettera e)
del comma 1 relativamente alle persone indicate nel medesimo articolo 433
del codice civile se fiscalmente a carico.
Tenuto conto che nel modello di dichiarazione Unico Persone Fisiche 2002
tale disposizione e' evidenziata in grassetto come novita' soltanto in
riferimento ai contributi volontari, si chiede di conoscere se e' possibile
dedurre i contributi agricoli unificati versati obbligatoriamente all'INPS
(gestione ex SCAU) anche se sostenuti per i familiari coadiuvanti
fiscalmente a carico.
R.: Il periodo aggiunto nel comma 2 dell'articolo 10 del TUIR consente la
deduzione delle somme versate alle forme di previdenza per le persone
indicate nell'articolo 433 del codice civile fiscalmente a carico.
Tale previsione si applica in riferimento ai contributi indicati nella
citata lettera e) del comma 1, dell'articolo 10 del Tuir e, pertanto, sia ai
contributi previdenziali e assistenziali versati in ottemperanza a
disposizioni di legge che a quelli facoltativamente versati alla forma
pensionistica di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di
periodi assicurativi. Pertanto, la deduzione compete anche in relazione ai
contributi agricoli unificati obbligatori versati per i familiari
fiscalmente a carico.
3.5 Contributo al servizio sanitario nazionale
d.: Si chiede di conoscere se il contributo al servizio sanitario nazionale
versato con il premio di assicurazione di responsabilita' civile peri
veicoli e' deducibile qualora la spesa sia effettivamente sostenuta dal
genitore in riferimento ad una polizza di assicurazione RCA intestata al
figlio fiscalmente a carico.
R.: Ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. e), del Tuir, sono deducibili i
contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a
disposizioni di legge. Inoltre, lo stesso articolo 10, comma 2, prevede che
tali oneri sono deducibili anche se sono stati sostenuti per le persone
indicate nell'art, 433 del codice civile, se fiscalmente a carico. Ne
consegue che anche il contributo al servizio sanitario nazionale versato con
il premio di assicurazione di responsabilita' civile per i veicoli e'
deducibile qualora la spesa sia effettivamente sostenuta dal genitore in
riferimento ad una polizza di assicurazione RCA intestata al figlio
fiscalmente a carico.
4 INTERESSI PASSIVI PER MUTUI IPOTECARI
4.1 Detrazione della quota di interessi passivi per acquisto di unita'
immobiliare oggetto di ristrutturazione edilizia
D.: In caso di acquisto di immobile oggetto di ristrutturazione edilizia non
e' possibile fruire immediatamente della detrazione ma occorre attendere il
momento in cui l'immobile e' adibito ad abitazione principale. Si chiede, se
e' corretto ritenere che la detrazione spetti anche in riferimento a
contratti di mutuo stipulati antecedentemente al 1 gennaio 2001 se non
sono ancora decorsi i termini previsti dall'attuale normativa per la
realizzazione delle condizioni alle quali e' subordinato l'ottenimento dei
benefici. Ad esempio, e' possibile fruire della detrazione per
interessi passivi pagati nel 2001 in riferimento ad un mutuo contratto
a maggio 1999 per l'acquisto di un immobile oggetto di ristrutturazione
edilizia che e' terminata ad aprile 2001?
R.: L'articolo 13-bis, comma 1, lettera b), stabilisce che, nel caso in cui
l'immobile acquistato sia oggetto di lavori di ristrutturazione edilizia,
comprovata dalla relativa concessione edilizia o atto equivalente, la
detrazione spetta a decorrere dalla data in cui l'unita' immobiliare e'
adibita a dimora abituale, e comunque entro due anni dall'acquisto.
Con circolare n. 55 del 2001 e' stato chiarito che per i mutui stipulati nel
secondo semestre del 2000 e' possibile stabilire la dimora abituale
nell'immobile entro il termine piu' vantaggioso di dodici mesi previsto
dalla legge n. 388 del 2000. Cio' in quanto la disposizione contenuta
nell'articolo 2 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000 che ha modificato
l'articolo 13-bis, comma 1, lettera b) del Tuir, ha elevato da sei mesi ad
un anno il termine massimo entro il quale adibire l'immobile acquistato ad
abitazione principale. Pertanto, tale disposizione, entrata in vigore il 1
gennaio 2001, puo' essere applicata anche con riferimento ai mutui stipulati
nell'anno 2000, sempreche' al 31 dicembre 2000 non sia gia' decorso il
termine semestrale stabilito dalla previgente disposizione.
Pertanto, nell'esempio prospettato, in riferimento ad un mutuo contratto
a maggio 1999 per l'acquisto di un immobile oggetto di ristrutturazione
edilizia che e' terminata ad aprile 2001, non e' possibile fruire della
detrazione per interessi passivi pagati nel 2001 visto che alla data del 31
dicembre 2000 era gia' decorso il termine semestrale previsto dalla
previgente disciplina.
4.2 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su mutuo per
abitazione di un figlio.
D.: Si chiede di conoscere se e' possibile attribuire la detrazione per
interessi passivi ad un contribuente che nel 2001 ha corrisposto
interessi per mutuo relativo ad abitazione adibita a dimora abituale di un
figlio anche se tale situazione di fatto si e' verificata in data
antecedente al 1 gennaio 2001.
R.: Con la nuova formulazione dell'articolo 13-bis, comma 1, lettera b), del
TUIR, introdotta dall'articolo 2 della legge n. 388 del 2000, e' stato
ampliato il concetto di abitazione principale il cui acquisto da' diritto
alla detrazione dall'Irpef da calcolare sugli interessi corrisposti in
dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili, contratti per
l'acquisto dell'unita' immobiliare. A partire dal 2001, per abitazione
principale si intende quella adibita ad abitazione principale del
contribuente o di suoi familiari.
Tale disposizione, la cui entrata in vigore e' prevista a partire dal 1
gennaio 2001, trova applicazione anche in riferimento alle rate pagate dopo
la predetta data in dipendenza di contratti di mutuo stipulati prima del
2001, sempreche' siano state rispettate le condizioni richieste
dall'articolo 13-bis, comma 1, lettera b), del Tuir, nel testo previgente
alle modifiche apportate dalla legge n. 388 del 2000. In particolare,
l'immobile deve essere stato adibito ad abitazione principale del
contribuente o di un familiare entro sei mesi dall'acquisto stesso e
l'acquisto della unita' immobiliare deve essere stato effettuato nei sei
mesi precedenti o successivi alla data della stipulazione del contratto di
mutuo.
4.3 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su mutuo per
acquisto di unita' immobiliare locata
D.: Si chiede di conoscere se in caso di acquisto di un immobile
occupato, si puo' ottenere la detrazione degli interessi passivi a partire
dal momento dell'acquisto. La detrazione spetterebbe quindi, anche
prima di notificare l'atto di intimazione di licenza o di sfratto
ovvero, in presenza di tale atto, anche prima che il proprietario
ottenga la disponibilita' dell'immobile e vi trasferisca la sua dimora
abituale.
Si chiede, inoltre, di conoscere se la detrazione spetta anche in
riferimento a contratti di mutuo stipulati antecedentemente al 1
gennaio 2001 qualora non siano ancora decorsi i termini previsti
dall'attuale normativa per la realizzazione delle condizioni alle quali e'
subordinato l'ottenimento dei benefici. Ad esempio, e' possibile
fruire della detrazione per interessi passivi pagati nel 2001 in
riferimento ad un mutuo contratto per l'acquisto di un immobile occupato
avvenuto a novembre dell'anno 2000 se nel mese di gennaio 2001 si e'
provveduto a notificare l'atto di intimazione di licenza o di sfratto?
R.: L'articolo 13-bis, comma 1, lettera b), come modificato dall'articolo 2
della legge n. 388 del 2000, stabilisce che in caso di acquisto di unita'
immobiliare locata, la detrazione spetta a condizione che entro tre mesi
dall'acquisto sia stato notificato al locatario l'atto di intimazione di
licenza o di sfratto per finita locazione e che entro un anno dal rilascio
l'unita' immobiliare sia adibita ad abitazione principale.
In relazione a questa particolare ipotesi, il legislatore non ha specificato
espressamente da quale momento e' possibile fruire delle detrazioni,
pertanto si ritiene che la detrazione trovi applicazione, secondo le regole
generali, sin dalla prima rata. Per quanto riguarda i mutui contratti prima
del 2001, si ritiene che tale disposizione, entrata in vigore il 1 gennaio
2001, possa essere applicata anche con riferimento ai mutui stipulati
nell'anno 2000, sempreche' al 31 dicembre 2000 non sia gia' decorso il
termine di tre mesi previsto dalla norma entro il quale deve essere
notificato al locatario l'atto di intimazione di licenza o di sfratto per
finita locazione e che l'adempimento venga, comunque, posto in essere nei
tre mesi decorrenti dall'acquisto.
Qualora entro un anno dal rilascio l'immobile non viene destinato ad
abitazione principale, gli interessi per i quali il contribuente si e'
avvalso della detrazione, dovranno essere dichiarati ai sensi dell'articolo
16, comma 1, lettera n-bis), del Tuir, quali redditi a tassazione separata.
4.4 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti su mutui per
acquisto di due unita' immobiliari
D.: Nel caso di contribuente che, fruendo gia' della detrazione per
interessi passivi in relazione all'acquisto dell'abitazione principale,
acquista un secondo immobile locato ed entro tre mesi notifica al
locatario l'intimazione di sfratto per finita locazione, per il periodo
che intercorre tra l'acquisto del secondo immobile ed il rilascio dello
stesso il contribuente puo' detrarre gli interessi passivi relativi ad
entrambe i mutui tenuto conto che in base ai principi generali il
contribuente puo' comunque fruire della detrazione per interessi passivi
relativi all'acquisto dell'abitazione principale fino ad un ammontare non
superiore a euro 3.615,20 (lire 7 milioni)?
Inoltre, e' possibile applicare la detrazione in riferimento agli interessi
passivi pagati per un mutuo contratto per l'acquisto della casa di
abitazione e degli interessi passivi pagati per un mutuo contratto per
l'acquisto della casa di abitazione del figlio? In caso contrario il
contribuente puo' scegliere per quale dei due mutui richiedere la detrazione?
R.: L'articolo 13-bis, comma 1, lettera b), del Tuir, prevede una detrazione
dall'imposta in riferimento ad interessi passivi corrisposti in dipendenza
di mutui garantiti da ipoteca su immobili, contratti per l'acquisto
dell'unita' immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno
dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a euro 3.615,20 (lire 7
milioni).
Lo stesso articolo 13-bis, comma 1, lettera b), stabilisce che in caso di
acquisto di unita' immobiliare locata, la detrazione spetta a condizione che
entro tre mesi dall'acquisto sia stato notificato al locatario l'atto di
intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che entro un anno
dal rilascio l'unita' immobiliare sia adibita ad abitazione principale.
Qualora un soggetto si trovi nella condizione di potersi avvalere
contemporaneamente della detrazione in riferimento a due acquisti di
immobili, corrispondenti a ciascuna delle fattispecie previste dalla norma
innanzi indicata, e' possibile applicare la detrazione in corrispondenza di
uno solo degli acquisti.
Ed infatti, sulla base della formulazione della norma e in assenza di una
specifica indicazione circa la possibilita' di applicare contemporaneamente
la detrazione in riferimento a contratti di mutuo stipulati per l'acquisto
di due unita' immobiliari, ancorche' entrambe rientranti tra quelle per le
quali e' possibile fruire della detrazione, si ritiene che la detrazione
spetti in riferimento agli interessi passivi pagati per l'acquisto di un
solo immobile.
Inoltre, si fa presente che in materia di deducibilita' del reddito
catastale dell'abitazione principale ai sensi dell'articolo 10, comma 3-bis,
del Tuir, con risoluzione n. 13 del 2000 e' stato chiarito che nell'ipotesi
in cui e' teoricamente possibile effettuare la scelta in relazione a due
immobili, uno adibito a propria abitazione principale ed uno utilizzato da
un proprio familiare, la suddetta deduzione spetta esclusivamente per il
reddito dell'immobile adibito ad abitazione principale del titolare stesso
e, eventualmente, delle pertinenze.
In conclusione, al fine di dare un significato univoco al concetto di
abitazione principale, nel caso in cui il contribuente proprietario di
due immobili di cui uno adibito ad abitazione principale, per l'acquisto
del quale aveva contratto un mutuo, l'altro acquistato successivamente e
occupato per effetto di contratto di locazione, per l'acquisto del quale
contrae un mutuo, avendo entro tre mesi notificato al locatario
l'intimazione di sfratto per finita locazione, nel periodo in cui il nuovo
immobile acquistato e' ancora occupato dal conduttore e fino a quando viene
rilasciato e adibito ad abitazione principale, dovra' riferire la detrazione
agli interessi pagati in corrispondenza della casa effettivamente adibita ad
abitazione.
Anche nel caso in cui il contribuente contrae un mutuo per l'acquisto di
un immobile adibito a propria abitazione principale, e un mutuo per
l'acquisto di in immobile da adibire ad abitazione di un familiare, in
analogia con quanto chiarito con la citata risoluzione n. 13 del 2000 in
materia di deduzione del reddito dell'abitazione principale, la detrazione
deve essere riferita agli interessi pagati in corrispondenza dell'immobile
adibito a propria abitazione.
4.5 Detrazione della quota di interessi passivi corrisposti per
finanziamento
D.: Si chiede di conoscere se possono essere portati in detrazione gli
interessi pagati a fronte di un finanziamento acceso per finanziare un mutuo
ipotecario in corso di stipula per l'acquisto dell'immobile principale.
R.: L'articolo 13-bis, comma 1, lettera b), del Tuir, prevede una detrazione
dall'imposta in riferimento ad interessi passivi corrisposti in dipendenza
di mutui garantiti da ipoteca su immobili, contratti per l'acquisto
dell'unita' immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno
dall'acquisto stesso.
Nelle istruzioni alla compilazione di UNICO Persone Fisiche 2002 e'
specificato che non danno diritto alla detrazione gli interessi pagati a
seguito di aperture di credito bancarie, di cessione di stipendio e gli
interessi derivanti da finanziamenti diversi da quelli relativi a contratti
di mutuo, anche se con garanzia ipotecaria su immobili.
Non danno diritto a detrazione gli interessi pagati a fronte di un
prefinanziamento acceso per finanziare un mutuo ipotecario in corso di
stipula per l'acquisto della casa di abitazione, tenuto conto che si tratta
di un'operazione finanziaria diversa da quella di mutuo, anche se ad essa
collegata.
A tal fine non rileva la circostanza che le due operazioni sono effettuate
presso diverse banche ovvero presso la stessa.
4.6 Detrazione della quota di interessi passivi del coniuge a carico da
parte del coniuge in possesso di redditi
D.: In caso di mutuo ipotecario intestato ad entrambi i coniugi, dal 2001,
il coniuge che ha l'altro fiscalmente a carico puo' fruire della detrazione
per entrambe le quote degli interessi passivi. Si chiede di conoscere se il
coniuge che ha fiscalmente a carico l'altro puo' portarsi in detrazione la
quota di interessi di quest'ultimo indipendentemente dalla data di stipula
del contratto di mutuo, e quindi, anche in riferimento ai contratti
stipulati ante 1993.
R.: In base all'articolo 13-bis, comma 1, lettera b), ultimo periodo, del
Tuir, in caso di mutuo intestato a entrambi i coniugi, ciascuno di essi
puo' fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi;
in caso di coniuge fiscalmente a carico dell'altro, la detrazione spetta a
quest'ultimo per entrambe le quote.Tale previsione, inserita per effetto
dell'articolo 2, lettera f), n. 6, della legge n. 388 del 2000 e in vigore a
partire dal periodo d'imposta 2001, introduce una deroga al principio
generale in base al quale le detrazioni spettano al soggetto che ha
sostenuto l'onere della spesa; stabilendo che, il coniuge che possiede
redditi puo' fruire della detrazione non solo in relazione alla propria
quota di interessi ma anche, in luogo del coniuge che risulti a suo carico,
per la quota di interessi a questi imputabile.La disposizione in questione
trova applicazione esclusivamente in relazione ai contratti di mutuo
stipulati a partire da 1 gennaio 1993, in riferimento ai quali, per effetto
dell'articolo 3, comma 7, del decreto-legge n. 330 del 1994, convertito
dalla legge n. 474 del 1994, trova applicazione l'articolo 13-bis, comma 1,
lettera b), del Tuir. Per quanto riguarda i contratti stipulati prima di
tale data, resta ferma la previgente disciplina in base alla quale la
detrazione e' commisurata ad un ammontare di interessi passivi non
superiore a euro 2.065,83 (lire 4 milioni), elevati a euro 3.615,20 (lire
7 milioni) in caso di acquisto di unita' immobiliare adibita ad abitazione
principale, per ciascun intestatario del mutuo.
5 INTERVENTI DI RECUPERO EDILIZIO
5.1 Detrazione del 36 per cento delle spese sostenute per gli interventi
di recupero edilizio
D.: La circolare n. 121 del 1998 precisa al punto 2.1 che la detrazione
compete anche al familiare convivente del possessore o detentore
dell'immobile sul quale vengono effettuati i lavori, purche' ne sostenga le
spese e che, in tale ipotesi il titolo che legittima e' costituito
dall'essere un "familiare" convivente con il possessore intestatario
dell'immobile.
Sul punto, la scrivente ritiene che, qualunque sia l'immobile su cui vengono
effettuati i lavori che danno diritto alla detrazione, l'essere familiare
convivente dell'eventuale proprietario o titolare di altro diritto reale,
legittima l'utilizzazione del beneficio, con l'unica condizione che si
tratti di soggetto che sostiene le spese.
In proposito si e' a conoscenza che altre Direzioni Regionali hanno reso
interpretazioni diverse nel presupposto che il familiare convivente possa
beneficiare della detrazione solo nel caso in cui i lavori vengano
effettuati sull'immobile utilizzato come abitazione principale sia del
proprietario che dello stesso familiare convivente.
Alla luce di quanto sopra si chiede quale sia l'interpretazione piu'
corretta.
R.: La detrazione per interventi di recupero di cui all'art. 1 della legge
27 dicembre 1997 n. 449 spetta anche ai familiari conviventi del possessore
o detentore dell'immobile sul quale vengono effettuati i lavori.
Da una lettura combinata della Circolare n. 121 dell'11 maggio 1998 e della
Risoluzione n. 136 del 6 maggio 2002, e' possibile ricavare che il familiare
puo' usufruire dell'agevolazione, se risultino a suo carico le spese dei
lavori e se risulti essere convivente del possessore o detentore
dell'immobile gia' all'avvio della procedura, ossia all'atto di invio della
dichiarazione di inizio lavori all'Amministrazione Finanziaria.
Non e' invece richiesto che tale immobile sia considerato abitazione
principale per il proprietario o per il familiare convivente, essendo
sufficiente che si tratti di una delle abitazioni su cui si esplica il
rapporto di convivenza.
6 LAVORO DIPENDENTE
6.1 Contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal
lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in
conformita' a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento
aziendale.
D.: I contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal
lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in
conformita' a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento
aziendale per un importo non superiore complessivamente, per l'anno 2001, a
euro 3.615,20 (lire 7 milioni) non concorrono alla formazione del reddito
di lavoro dipendente ai sensi dell'articolo 48, comma 2, lettera a), del
Tuir.
Si chiede di conoscere se ai fini della non concorrenza di detti contributi
non sia rilevante che l'assistenza sanitaria venga prestata, dall'ente o
cassa, oltre che al lavoratore, anche ai familiari dello stesso sia a carico
che non a carico e nel caso in cui i contributi siano di ammontare
differenziato in ragione del numero dei familiari assistiti.
R.: L'articolo 48 del Tuir, concernente la determinazione del reddito di
lavoro dipendente, stabilisce che non concorrono a formare il reddito, tra
l'altro, i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o
dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in
conformita' a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento
aziendale per un importo non superiore complessivamente a euro 3.615,20
(lire 7.000.000) fino all'anno 2002 e a euro 3.098,74 (lire 6.000.000)
per l'anno 2003, diminuito negli anni successivi in ragione euro 258,23
(lire 500.000) annue fino a euro 1.807,60 (lire 3.500.000).
Si ritiene che tali contributi non concorrano a formare il reddito del
lavoratore dipendente anche se versati in favore di familiari del
dipendente, ancorche' il familiare non sia a carico dello stesso, sempreche'
siano versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in
conformita' a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento
aziendale.
Resta fermo che le spese sanitarie sostenute, che hanno dato luogo al
rimborso a fronte dei contributi menzionati, esclusi dalla formazione del
reddito del lavoratore dipendente, non possono essere detratte dall'imposta
dovuta dal contribuente o da quella dovuta dai familiari non a carico, ai
sensi dell'articolo 13-bis, comma 1, lettera c), del Tuir.
La detrazione puo' essere, invece, applicata in riferimento all'ammontare
della spesa che non e' stata rimborsata dall'ente o cassa.
Possono, altresi', dar luogo a detrazione le spese sanitarie rimborsate
quando la quota dei contributi sanitari versati e' superiore al limite
previsto dalla norma per l'esclusione dal reddito (per il 2001 il limite e'
di euro 3.615,20, pari a lire 7 milioni). In tal caso la detrazione spetta
in proporzione alla quota dei contributi che non hanno concorso a formare il
reddito del lavoratore dipendente.
6.2 Detrazione per lavoratori che trasferiscono la residenza
D.: L'art. 13-ter, comma 1- bis, riconosce una detrazione "a favore dei
lavoratori dipendenti che hanno trasferito o trasferiscono la propria
abitazione. I collaboratori coordinati e continuativi e gli altri percettori
di redditi assimilati a quello da lavoro dipendente, possono beneficiare
della detrazione o la stessa spetta solo ai lavoratori dipendenti?
La misura della detrazione, che e' rapportata al periodo nell'anno nel quale
l'immobile e' adibito ad abitazione, deve essere rapportata anche ai giorni
nei quali il contribuente e' stato lavoratore dipendente?
Per usufruire della detrazione il contribuente deve possedere la qualifica
di lavoratore dipendente prima del trasferimento della residenza o puo'
acquisirla anche contemporaneamente al trasferimento stesso?
La detrazione in questione spetta anche ai contribuenti che hanno trasferito
la residenza nei tre anni antecedenti quello di richiesta della detrazione?
R.: L'art. 13-ter, comma 2, del TUIR, prevede, a decorrere dall'anno
d'imposta 2001, una detrazione a favore dei lavoratori dipendenti che hanno
trasferito o trasferiscono la propria residenza nel comune di lavoro o in
uno di quelli limitrofi, nei tre anni antecedenti a quello di richiesta
della detrazione, purche' il nuovo comune di residenza disti dal vecchio
almeno 100 chilometri, e comunque al di fuori dalla propria regione, e che
siano titolari di qualunque tipo di contratto di locazione di unita'
immobiliari adibite ad abitazione principale degli stessi. Tale detrazione,
rapportata al periodo dell'anno durante il quale l'abitazione ha costituito
la dimora principale del contribuente, e' cosi' determinata: a) euro 991,60
(lire 1.920.000), se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71 (lire
30 milioni); b) euro 495,80 (lire 960.000), se il reddito complessivo supera
euro 15.493,71 (lire 30 milioni) ma non euro 30.987,41 (lire 60 milioni).
Con circolare n. 58*E del 18 giugno 2001, al paragrafo 3.1, e' stato
chiarito che il termine di tre anni decorre dalla data di variazione della
residenza.
Se ad esempio, un lavoratore dipendente trasferisce la residenza in
ottobre 1998, tenuto conto che per effetto dell'articolo 2, comma 8, della
legge n. 388 del 2000 la disposizione si applica a partire dal periodo
d'imposta 2001, la detrazione non spetta visto che nel il 2001 sono gia'
trascorsi tre periodi di imposta: il 1998, il 1999 ed il 2000.
Tale detrazione spetta, sulla base della formulazione della norma,
esclusivamente ai lavoratori dipendenti. Pertanto, restano esclusi i
percettori di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.
Per usufruire della detrazione il contribuente deve, tra l'altro, essere
titolare di un contratto di lavoro dipendente e deve trasferire la propria
residenza nel comune di lavoro o in uno di quelli limitrofi. Il beneficio si
applica a favore dei lavoratori dipendenti, compresi quelli che
trasferiscono la propria residenza in conseguenza di un contratto appena
stipulato.
Se nel corso del periodo di spettanza della detrazione, il contribuente
cessa di essere lavoratore dipendente, la detrazione non spetta a partire
dal periodo di imposta successivo a quello nel quale non sussiste piu' tale
qualifica.
7 REDDITI ASSIMILATI A QUELLI DI LAVORO DIPENDENTE
7.1 Amministratore di societa'
D.:Si chiede di conoscere il trattamento fiscale applicabile ai compensi
corrisposti nel corso del 2001 per l'attivita' di amministratore di una srl
ad un soggetto esercente l'attivita' professionale di ragioniere, alla luce
delle interpretazioni fornite con la circolare n. 105/E del 12 dicembre
2001.
R. La lettera c-bis) dell'articolo 47, comma 1, del Tuir, introdotta
dall'articolo 34 della legge n. 342 del 2000, stabilisce che sono assimilati
ai redditi di lavoro dipendente i compensi derivanti da rapporti di
collaborazione sia "tipici" (uffici di amministratore di societa' ed enti,
sindaco e revisore, ecc) che "atipici" (altri rapporti di collaborazione) a
condizione che detti uffici e collaborazioni non rientrino nei compiti
istituzionali dell'attivita' di lavoro dipendente o nell'oggetto dell'arte o
professione esercitata dal contribuente.
Con la circolare n. 105/E del 12 dicembre 2001, modificando parzialmente le
interpretazioni fornite da questa amministrazione con le precedenti
circolari, e' stato chiarito che anche i compensi percepiti per l'attivita'
di amministrazione di societa' ed enti possono essere assoggettati alla
disciplina prevista per i redditi derivanti dall'attivita' di lavoro
autonomo qualora, per l'esercizio dell'attivita' di collaborazione, sono
necessarie conoscenze direttamente collegate all'attivita' di lavoro
autonomo svolto. Tale valutazione puo' essere operata tenendo in
considerazione, in via prioritaria, quanto disposto dai singoli ordinamenti
professionali e comunque quando l'incarico di amministratore di una societa'
o di un ente e' svolto da un professionista che esercita una attivita'
oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della propria professione
abituale. Ricorrendo tali presupposti, quindi i compensi percepiti in
relazione a tale attivita' devono essere assoggettati alla disciplina
fiscale prevista per i compensi derivanti dall'esercizio dell'attivita'
professionale. Com'e' noto tale qualificazione fiscale comporta, tra
l'altro, la necessita' di assoggettare detti compensi ad imposta sul valore
aggiunto ed includerli nella base imponibile da assoggettare a tassazione ai
fini dell'Irap dovuta dal professionista.
Cio' premesso, occorre tener conto della circostanza che gli interventi che,
in un lasso di tempo piuttosto breve, hanno integrato l'interpretazione
amministrativa della norma in esame, hanno potuto indurre i contribuenti ad
assumere comportamenti disomogenei.
Pertanto, in sede di eventuale controllo, si terra' nella debita
considerazione la posizione di quanti hanno riservato ai compensi di
collaborazione coordinata e continuativa un trattamento fiscale non conforme
a quello indicato nella citata circolare n. 105 del 2001.
In tal senso si e' anche espresso il Governo, il 5 giugno 2002, in occasione
della risposta a un'interrogazione parlamentare sull'argomento in questione.
8 Fondo Indennita' Risoluzione Rapporto
8.1 Rilevanza ai fini IRAP del Fondo Indennita' Risoluzione Rapporto
D.: Si chiede di conoscere se le indennita' FIRR (Fondo Indennita'
Risoluzione Rapporto) corrisposte a societa' di persone e ditta individuale
sono rilevanti ai fini dell'Irap.
R.: L'articolo 11-bis, comma 1, secondo periodo del decreto legislativo
446/97, stabilisce l'irrilevanza, ai fini dell'Irap delle disposizioni
contenute, tra l'altro, nell'articolo 58 del Tuir.
In particolare sulla base della disposizione contenuta nella lettera c)
dell'articolo 58 del Tuir non devono essere computati nella determinazione
del reddito di impresa "le indennita' per la cessazione di rapporti di
agenzia delle persone fisiche". Nell'ipotesi in cui vengano percepite
indennita' per la cessazione del rapporto di agenzia, quindi, tali proventi,
iscritti nella voce A5 del conto economico, non devono essere computati
nella determinazione del reddito d'impresa mentre concorrono alla
determinazione della base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini
dell'Irap.
Sulla base della disposizione contenuta nell'articolo 11-bis del decreto
legislativo citato quindi, le indennita' in commento, percepite da persone
fisiche, concorrono, ai fini dell'Irap, alla determinazione del valore della
produzione netta, secondo i valori civilistici, anche se, ai fini
dell'Irpef, non concorrono alla formazione del reddito di impresa e possono
essere assoggettati a tassazione separata ai sensi dell'articolo 16, lettera
d), del Tuir.
L'esclusione dalla formazione del reddito d'impresa non opera, invece,
quando le indennita' per la cessazione del rapporto di agenzia sono
percepite da societa' di persone. Anche in tale ipotesi dette indennita'
concorrono, ai fini dell'Irap, alla formazione della base imponibile da
assoggettare a tassazione.
La circostanza che tali indennita' possano essere assoggettate a tassazione
separata in base alla disposizione contenuta nel citato articolo 16, comma
1, lettera d), del Tuir, non muta infatti la loro natura di componente
positivo rilevante ai fini della determinazione del valore della produzione
netta.
9 LEGGE FINANZIARIA PER IL 2002
9.1 Affrancamento dei maggiori valori iscritti a seguito di conferimenti
"intracomunitari"
D.: La legge finanziaria per il 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448) ha
previsto l'applicazione delle disposizioni recate dagli articoli da 17 a 20
della legge 21 novembre 2000, n. 342, comprese quelle dell'articolo 18 nei
confronti dei soggetti che hanno effettuato conferimenti ai sensi
dell'articolo 4 del d.Lgs. 358 del 1997, anche con riferimento ai beni
risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso alla data del 31
dicembre 2001.
Si chiede di conoscere se la speciale disciplina di riallineamento si renda
applicabile anche ai soggetti che abbiano preso parte - in qualita' di
conferenti ovvero di conferitari - a operazioni di conferimento di attivita'
poste in essere ai sensi del d.Lgs. 544 del 1992 (c.d. conferimenti
"intracomunitari").
R.: L'affrancamento dei maggiori valori iscritti a seguito dei conferimenti,
cosiddetti neutrali, effettuati ai sensi della legge 30 luglio 1990, n. 218,
e dell'articolo 4 del decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358, era stato
previsto dagli articoli da 17 a 20 della legge n. 342 del 2000.
Le disposizioni recate dall'articolo 3, comma 11 della legge 28 dicembre
2001, n. 448, prevedono tale possibilita' anche con riferimento ai maggiori
valori risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso al 31
dicembre 2001 ed estendono alle societa' conferenti, che hanno effettuato
conferimenti in base al citato articolo 4, comma 1, la possibilita' di
procedere anche autonomamente all'affrancamento.
Fra i destinatari della disposizione non sono espressamente previsti i
soggetti che hanno effettuato conferimenti intracomunitari neutrali ai sensi
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 544, il cui regime e' tuttavia
assimilabile, sul piano sostanziale, ai conferimenti disciplinati dalla
legge n. 218 del 1990 e dal d.Lgs. 358 del 1997.
Si ritiene inoltre che il legislatore, con le disposizioni dell'articolo 4,
secondo comma, del d.Lgs. 358 del 1997, abbia voluto rendere omogenea la
disciplina delle operazioni di conferimento, assimilando, anche per altri
profili, i conferimenti "transfrontalieri" di cui al d.Lgs. 544 del 1992 a
quelli disciplinati dall'articolo 4 citato.
Il dettato normativo prevede infatti che anche per i conferimenti di cui
all'articolo 1 del d.Lgs. 544 del 1992 possa essere esercitata l'opzione per
applicare l'imposta sostitutiva prevista dall'articolo 1 del d.Lgs. n. 358
del 1997.
Emerge quindi l'intento, confermato anche dalla circolare 19 dicembre 1997,
n. 320, di riservare uniformita' di trattamento fiscale ai diversi tipi di
conferimento, effettuati in regime di neutralita'.
Di conseguenza, sul piano sistematico, si ritiene che debba essere garantita
l'uniformita' di trattamento anche ai fini di cui all'articolo 3, comma 11,
della legge 448 del 2001.
La conferitaria italiana potra' ottenere il riconoscimento dei maggiori
valori dell'azienda ricevuta sia nel caso in cui la conferente fosse una
societa' italiana che ha operato in base all'articolo 4 del d.Lgs. 358 del
1997, sia nel caso fosse una societa' residente in un altro paese
dell'Unione Europea che ha operato ex articolo 1 del d.Lgs. 544 del 1992.
Del pari, la conferente italiana sara' ammessa ad affrancare i maggiori
valori iscritti sulle partecipazioni ricevute sia a seguito di conferimenti
effettuati ai sensi del d.Lgs. 358 del 1997, che di conferimenti ex articolo
1 del d.Lgs. 544 del 1992.
9.2 Estromissione di beni dall'impresa individuale
D.: Con riferimento all'articolo 3 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, si
chiede se un imprenditore individuale possa estromettere dall'impresa beni
strumentali per natura (C/1, A/10), concessi in locazione, tenuto conto che
tali beni sono stati considerati, ai sensi dell'articolo 40 e 77 del TUIR,
produttivi di reddito d'impresa e che i relativi canoni sono stati
assoggettati ad Iva con regolare emissione di fattura.
R.: L'agevolazione in questione si riferisce ai beni immobili strumentali
per destinazione, cioe' a quelli che, a norma dell'articolo 40, comma 2,
primo periodo, del TUIR sono utilizzati dall'imprenditore esclusivamente per
l'esercizio dell'impresa.
La norma prescinde dalla categoria catastale di appartenenza dell'immobile,
in quanto la condizione essenziale e' l'utilizzo esclusivo e diretto
dell'immobile da parte dell'imprenditore nella propria attivita' di impresa
alla data del 30 novembre 2001.
Pertanto non possono essere estromessi gli immobili strumentali per natura,
concessi in locazione a terzi e quindi non utilizzati direttamente
dall'imprenditore, anche se ricompresi nell'inventario.
10 RIPORTO DELL'AGEVOLAZIONE DIT
D.: E' consentito, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto
legislativo n. 466 del 1997, il riporto dell'agevolazione DIT non utilizzata
nel caso in cui il contribuente gode di un'esenzione decennale da IRPEG in
base alla legge speciale per il Vajont? Se si', in quale misura?
Il riporto in questione era ammissibile secondo la previgente formulazione
della norma citata? Se si', in quale misura?
E' consentito, altresi' nel medesimo caso, il riporto dei parametri
rilevanti ai fini dell'agevolazione "Visco", ai sensi dell'articolo 2, comma
8, della legge 13 maggio 1999, n. 133?
R.: L'agevolazione DIT e' finalizzata a favorire la capitalizzazione delle
imprese, ed ha ad oggetto il reddito imponibile che, per una quota
corrispondente alla remunerazione ottenibile impiegando sui mercati
finanziari gli incrementi di capitale investito effettuati dal contribuente
successivamente al periodo d'imposta in corso al 30 settembre 1996, viene
assoggettato, a regime, ad una aliquota d'imposta IRPEG ridotta al 19 per
cento.
L'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 466 del 1997, cosi' come
modificato dalla legge n. 388 del 2000, permette il riporto ai periodi
d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, della quota di remunerazione
ordinaria dell'incremento di capitale investito che non ha potuto fruire
dell'agevolazione perche' eccedente rispetto al reddito imponibile
assoggettato ad aliquota ordinaria.
In tal modo, la quota di reddito degli anni successivi da assoggettare ad
aliquota ridotta sara' incrementata della parte di remunerazione ordinaria
che non e' stata utilizzata nei precedenti periodi d'imposta.
Nel caso esposto nel quesito, la societa' opera in uno dei comuni del Vajont
ed ha diritto all'esenzione decennale da Irpeg di cui all'articolo 19 della
legge 19 dicembre 1973, n. 837, norma rimasta in vigore fino al 31 dicembre
1993, e che esaurisce i suoi effetti quindi, al piu' tardi, alla data del 31
dicembre 2003.
Nel periodo di esenzione da IRPEG ai sensi della legge citata, il reddito
imponibile della societa' non e' assoggettato a tassazione. Di conseguenza,
anche il reddito figurativo, riferibile all'incremento di capitale investito
rilevante ai fini DIT, al pari del reddito effettivo, sarebbe in ogni caso
soggetto al medesimo regime di esenzione.
In tal caso, quindi, in mancanza di un reddito imponibile assoggettato ad
aliquota ordinaria con il quale raffrontare il reddito da assoggettare ad
aliquota agevolata DIT, vengono a mancare integralmente i presupposti per
l'applicazione dell'agevolazione
Si ritiene, pertanto, che i soggetti beneficiari dell'esenzione per il
Vajont, o di altre forme di esenzione dalla tassazione, non possano
procedere al riporto agli anni successivi del beneficio relativo alla DIT,
non utilizzato durante il periodo di esenzione.
Alla medesima conclusione si sarebbe pervenuti se fosse ancora in vigore la
vecchia formulazione dell'articolo 1, comma 3 del decreto legislativo n. 446
del 1997, la quale prevedeva un riporto del beneficio DIT anche in caso di
applicazione dell'aliquota media del 27 ovvero del 20 per cento (si ricorda
che il meccanismo dell'aliquota media e' stato anch'esso abrogato con
effetto 1 gennaio 2001), e che prevedeva altresi' il riporto anche in caso
di assenza o di insufficienza del reddito imponibile.
Con riferimento all'agevolazione "Visco", si ricorda che a differenza della
DIT, essa ha ad oggetto gli investimenti realizzati dall'impresa con mezzi
propri e consiste nell'assoggettamento del reddito imponibile ad un'aliquota
d'imposta ridotta al 19 per cento, fino a concorrenza con gli investimenti
agevolabili, calcolati prendendo in considerazione il minor valore tra gli
investimenti, al netto di dismissioni ed ammortamenti, e gli incrementi
patrimoniali del periodo.
Inoltre l'agevolazione non opera a regime, ma in via transitoria per tre
periodi d'imposta, con riferimento agli investimenti realizzati ed al
reddito conseguito nei medesimi periodi.
In sostanza, per tre periodi d'imposta, fino a concorrenza con gli
investimenti agevolabili, il reddito deve essere assoggettato ad un'aliquota
non superiore al 19 per cento.
Di conseguenza, il riporto, al secondo ed al terzo periodo d'imposta
agevolati, degli investimenti netti e degli incrementi patrimoniali, e'
consentito solo in caso di preminenza di un parametro rispetto all'altro e
nel caso in cui l'investimento agevolabile sia superiore al reddito. E cio'
indipendentemente dal regime di tassazione del reddito: regime di esenzione,
come nel caso in esame, o riduzione a meta' dell'aliquota, come nel caso
dell'analoga agevolazione "Valtellina" di cui all'art. 11 della legge 2
maggio 1990, n. 102.
In questi casi, infatti, anche se l'agevolazione "Visco" non ha operato,
perche' il reddito era gia' esente o beneficiava di un'aliquota inferiore al
19 per cento, il riporto integrale dei parametri rilevanti ai fini della
"Visco", sarebbe equivalente alla duplicazione dell'agevolazione sul
medesimo reddito e finirebbe per consentirne la tassazione con un'aliquota
inferiore a quella prevista dalle leggi di agevolazione.
Secondo le regole ordinarie, invece, deve essere riconosciuto il diritto a
fruire del riporto dei parametri che non hanno trovato capienza nel reddito
dei precedenti periodi d'imposta agevolati, ovvero del riporto del parametro
preminente rispetto all'altro.
11 REGIME FISCALE DI SOCIETA' SEMPLICE AGRICOLA
D.: E' costituita una societa' semplice per lo sfruttamento comune di boschi
di proprieta' dei singoli soci; tale societa' svolge un'attivita' agricola
che si concretizza nella vendita di partite di legname, il cui ricavato e'
utilizzato per la realizzazione di opere di miglioramento fondiario. Per
tale attivita' la societa' presenta la dichiarazione IVA nei modi normali a
seguito di opzione ai sensi dell'articolo 34 del DPR 633 del 1972, mentre i
singoli proprietari indicano nella loro dichiarazione dei redditi le
rispettive quote relative ai redditi agrari e dominicali.
La societa' semplice in questione e' obbligata alla dichiarazione dei
redditi ai fini IRPEG e IRAP?
R.: La societa' semplice, costituita ai sensi degli articoli 2551 e seguenti
del codice civile, si caratterizza per avere ad oggetto una attivita'
diversa da quella commerciale.
Essa rientra tra i soggetti di cui all'articolo 5 del TUIR e pertanto non e'
soggetto passivo delle imposte personali sul reddito.
Considerato che svolge attivita' agricola, essa determina e dichiara il
reddito agrario, ai sensi dell'articolo 6 del DPR 600 del 1973 nel Modello
Unico - Societa' di persone, per l'attribuzione ai soci ai fini delle
imposte personali da essi dovute.
Il reddito dominicale dovra' invece essere dichiarato dai titolari dei
diritti reali sui terreni.
Riguardo all'IRAP, le societa' semplici che svolgono attivita' agraria
assumono la veste di soggetti passivi ai sensi dell'articolo 3, comma 1,
lettera d) del decreto legislativo n. 446 del 1997, a meno che non siano in
regime di esonero dagli adempimenti Iva ai sensi dell'articolo 34, comma 6,
del DPR 633 del 1972.
Poiche' nel caso specifico, la societa' in questione ha optato per la
detrazione dell'Iva nei modi ordinari ai sensi dell'articolo 34, comma 11,
del citato DPR 633 del 1972, la medesima e' in ogni caso tenuta a presentare
anche la dichiarazione IRAP, determinando la base imponibile ai sensi
dell'articolo 9 del citato d.Lgs. 446 del 1997, salvo opzione per la
determinazione analitica di cui al precedente articolo 5.
12 REDDITO D'IMPRESA - ARTICOLO 121-BIS
D.: Una societa' ha acquistato in leasing delle autovetture da mettere a
disposizione dei collaboratori per lo svolgimento di servizi legati
all'attivita' di mediazione immobiliare. Le autovetture sono allestite
all'esterno con messaggi pubblicitari e marchi d'impresa (la societa' e'
affiliata ad una catena di franchising).
Si chiede se le suddette autovetture, in virtu' della loro destinazione
d'uso (volte a pubblicizzare i servizi offerti), possano essere dedotte
integralmente o se debbano seguire le disposizioni previste dall'articolo
121-bis del TUIR.
R.: La deduzione del costo relativo a tali autovetture deve seguire il
dettato dell'articolo 121-bis del TUIR. Le stesse, infatti, non
costituiscono beni senza i quali l'attivita' di mediazione immobiliare cui
si riferiscono non puo' essere svolta, ne' perdono la caratteristica
principale di bene destinato al trasporto di persone, la cui deducibilita'
e' disciplinata dall'articolo 121-bis sopra richiamato.
13 AGEVOLAZIONE LEGGE 449/1997 - COMPENSABILITA' DEL CREDITO D'IMPOSTA
D.: L'articolo 11, comma 2, della legge n. 449 del 1997 stabilisce che il
credito d'imposta ivi previsto sia compensabile con i debiti IRPEF, IRPEG e
IVA. Tale interpretazione restrittiva e' contenuta anche nella circolare del
Ministero dell'Industria n. 1061262 del 5/4/2001 al paragrafo 3.1.. E'
possibile, anche alla luce dei recenti orientamenti interpretativi
dell'Agenzia delle Entrate, estendere la compensazione anche all'IRAP?
R.: L'articolo 11 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 dispone la
concessione di un incentivo fiscale - sotto forma di credito d'imposta - per
il commercio e il turismo per l'acquisto di beni strumentali. Soggetti
beneficiari sono le piccole e medie imprese commerciali di vendita al
dettaglio, quelle di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande e le
imprese turistiche.
L'agevolazione consiste in un credito d'imposta determinato nella misura del
venti per cento del costo ammissibile dei beni. La circolare del Ministero
dell'Industria del 19 marzo 1998, n. 915190, ha chiarito che il credito
d'imposta "puo' essere fatto valere ai fini dell'Irpef e dell'Irpeg e
dell'Iva, anche in compensazione, ai sensi del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241". Alla luce del dettato normativo, che consente genericamente
la compensazione del credito d'imposta spettante si ritiene che tale
compensazione possa riguardare tutti i tributi e contributi compensabili ai
sensi dell'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n.
241.
14 IRAP
D.: L'art. 45, comma 2, del decreto legislativo n. 446 del 1997 - come
modificato dall'art. 6, comma 17, lettera b), della legge n. 488 del 1999 -
stabilisce che per le banche e altri enti e societa' finanziarie e imprese
di assicurazione, l'aliquota IRAP e' fissata al 5,4 per cento per i periodi
d'imposta in corso all'1.1.1998, all'1.1.1999 e all'1.1.2000, mentre, per i
due periodi d'imposta successivi, detta aliquota e' ridotta,
rispettivamente, al 5 per cento e al 4,75 per cento.
Atteso quanto sopra, si chiede di confermare che una societa' finanziaria
avente il periodo d'imposta coincidente con l'anno solare, posta in
liquidazione dall'1.7.2001, deve applicare per il periodo 1.1.2001/30.6.2001
l'aliquota IRAP del 5 per cento e per il periodo 1.7.2001/31.12.2001
l'aliquota IRAP del 4,75 per cento, tenuto conto che nell'anno 2001
sussistono due distinti periodi d'imposta.
R.: Ai sensi del comma 3 dell'articolo 124 del TUIR, il reddito relativo al
periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e la data di messa in
liquidazione della societa', si determina con apposito conto dei profitti e
delle perdite. Nella fattispecie rappresentata, si determinano due periodi
d'imposta distinti, l'uno costituito dal periodo che va dal 1 gennaio 2001
al 30 giugno dello stesso anno e l'altro che va dall'inizio della data di
liquidazione fino al termine della stessa. Sempre ai sensi dell'articolo
124, comma 3 del TUIR, nel caso in cui questa si protrae oltre l'esercizio
in cui ha avuto inizio, il reddito relativo alla residua frazione di tale
esercizio e a ciascun successivo esercizio intermedio e' determinato in via
provvisoria in base al rispettivo bilancio, salvo conguaglio in base al
bilancio finale.
Naturalmente la distinzione dei periodi d'imposta operante ai fini delle
imposte sul reddito rileva, ai sensi dell'art.14 del d.Lgs n.446 del 1997,
anche ai fini IRAP.
15 TREMONTI-BIS
15.1 Immobili agevolabili per soggetti titolati di reddito di lavoro
autonomo
D.: In qualita' di soggetto IRPEF di cui all'articolo 49, comma 1 del TUIR
(nella fattispecie avvocato), ho acquistato un immobile nuovo nell'anno 2001
accatastato nella categoria C/6. Tale investimento rientra tra le
agevolazioni ai sensi dell'articolo 4 della legge n. 383 del 2001
(cosiddetta Tremonti-bis) ed in caso di risposta affermativa a quali
ulteriori condizioni?
R.: Relativamente al quesito proposto si ribadisce quanto gia' affermato
dalla circolare 17 ottobre 2001, n. 90/E, al punto 7.1.
Pertanto, per i soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo di cui
all'articolo 49, comma 1 del TUIR, gli immobili potranno costituire oggetto
di agevolazione solo se "strumentali" in quanto utilizzati esclusivamente
per l'esercizio dell'arte o della professione, a condizione che gli immobili
stessi risultino destinati ad uso ufficio ed accatastati nella categoria
A/10.
15.2 Investimenti realizzati tramite contratti di lease - back
D.: Nell'ipotesi di investimenti realizzati tramite contratto di lease-back,
la revoca prevista dall'articolo 4, comma 6, della legge 18 ottobre 2001, n.
383, si deve ritenere applicabile anche nel caso di mancato esercizio del
diritto di opzione o di cessione del contratto di leasing oltre i limiti
temporali indicati dalla norma?
R.: La circolare n. 90/E del 17 ottobre 2001, con riferimento agli
investimenti realizzati mediante contratti di lease-back, chiarisce che
costituiscono motivo di revoca dell'agevolazione sia il mancato esercizio
del diritto di opzione, sia la cessione del contratto di leasing.
Tali ipotesi di revoca hanno efficacia solo se si verificano entro i limiti
temporali indicati dal comma 6 dell'articolo 4 in questione e, quindi, entro
il secondo periodo d'imposta successivo a quello di realizzazione
dell'investimento ovvero entro il quinto periodo d'imposta successivo in
caso di beni immobili.
15.3 Incremento e riporto delle perdite fiscali
D.: Nel caso di un'azienda in contabilita' ordinaria per opzione, qualora
l'imponibile fiscale risulti negativo, l'agevolazione Tremonti-bis
incrementa la perdita fiscale? La nuova perdita puo' essere utilizzata nel
quinquennio?
R.: La risposta al quesito e' sicuramente positiva. Occorre infatti
considerare che l'agevolazione Tremonti-bis, a differenza della DIT,
determina una variazione in diminuzione della base imponibile e non
interviene sull'aliquota d'imposta. Pertanto, essa produce i suoi effetti
con la possibilita' di incrementare la perdita fiscale che puo' essere
utilizzata nel quinquennio successivo, ai sensi dell'articolo 8, comma 3 del
TUIR ovvero nei periodi d'imposta successivi senza alcun limite di tempo, se
realizzata da societa' neo costituite, nei primi tre periodi d'imposta (art.
102, comma 1-bis del TUIR).
16 AGEVOLAZIONE VISCO
D.: Si chiede di conoscere se ai fini dell'agevolazione "Visco" i
conferimenti effettuati entro il 30 giugno 2001 vanno ragguagliati
all'intero anno 2001 o se, in analogia a quanto espressamente chiarito per
la DIT, vanno ragguagliati alla data del 30.06.2001.
R.: Il contribuente che opta per l'agevolazione di cui all'articolo 2, commi
da 8 a 13, della legge n. 133 del 1999 (c.d. "Visco") dovra' tener conto
esclusivamente dei conferimenti effettuati entro il 30.06.2001; essi
rileveranno per il loro intero ammontare, non essendo previsto, per
l'agevolazione in oggetto, il ragguaglio all'arco di tempo intercorrente tra
il conferimento stesso e la fine del periodo d'imposta. Si ricorda che tale
ultima modalita' di computo dei conferimenti in denaro da considerare ai
fini dell'agevolazione, ossia per intero e non pro quota, e' stata
introdotta dalla legge n. 342 del 2000 (Collegato fiscale alla legge
finanziaria 2000).
17 AGEVOLAZIONE ARTICOLO 8, LEGGE N. 388 DEL 2000 CUMULABILITA'
D.: L'articolo 8 della legge n. 388 del 2000 stabilisce che il credito
d'imposta oggetto dell'agevolazione non e' cumulabile con altri aiuti di
stato a finalita' regionale o con altri aiuti a diversa finalita' aventi ad
oggetto i medesimi beni che fruiscono del beneficio.
La circolare ministeriale 18 aprile 2001 n. 41/E, al paragrafo 4, allorche'
tratta della cumulabilita', dichiara che "sono invece fruibili gli aiuti che
soddisfano i criteri de minimis, di importo cosi' poco elevato da non avere
un impatto sensibile sugli scambi e sulla concorrenza fra Stati membri, per
i quali non vi e' obbligo di previa notifica alla Commissione Europea".
Gli esempi citati successivamente dalla circolare non si riferiscono al
cumulo dell'agevolazione della legge n. 388 del 2000 con altre agevolazioni
disposte da altre leggi, anche regionali, sugli stessi beni.
In particolare, nella Regione Sardegna, l'art. 3 della Legge Regionale n. 37
del 24 dicembre 1998, aggiungendo un articolo alla Legge Regionale n. 51 del
19 ottobre 1993, dispone un contributo a fondo perduto sull'acquisto di beni
strumentali da parte di artigiani, contributo che puo' essere cumulato anche
con un contributo in conto interessi (proprio della L.R. 51/93).
Puo' tale contributo (a fondo perduto e, in aggiunta, in conto interessi),
concesso ad esempio sull'acquisto di un immobile, essere cumulato con quello
della legge n. 388 del 2000 sullo stesso bene?
In sostanza, la cumulabilita' degli aiuti de minimis, previsti da altre
norme, e' consentita sugli stessi beni oggetto dell'agevolazione della legge
n. 388 del 2000, a patto che il beneficiario "comunque" partecipi "al
finanziamento dell'investimento con un apporto pari almeno al 25 per cento
dell'ammontare dell'investimento stesso"?
R.: L'agevolazione di cui all'articolo 8 della legge n. 388 del 2000 non e'
cumulabile con altri contributi o aiuti di Stato che abbiano ad oggetto i
medesimi beni che fruiscono di tale beneficio salvo che, come precisato
nella circolare n. 41/E del 2001, gli aiuti soddisfino i criteri della
regola c.d. de minimis, vale a dire aiuti di importo cosi' poco elevato da
non avere un impatto sensibile sugli scambi e sulla concorrenza tra gli
Stati membri.
Tale regola, riportata alla nota 8 della circolare n. 41/E del 18 aprile
2001, fissa un importo assoluto di aiuto al di sotto del quale non vi e'
obbligo di previa notifica alla Commissione europea. Tale importo, stabilito
in 100.000 EUR per un periodo di tre anni, e' espresso al lordo di qualsiasi
imposta diretta e comprende qualsiasi aiuto pubblico accordato come aiuto de
minimis.
Ai sensi del quinto considerando del regolamento n. 69 del 2001, "la regola
de minimis lascia impregiudicata la possibilita' che le imprese ricevano,
anche per lo stesso progetto, aiuti di Stato autorizzati dalla Commissione o
rientranti in un regolamento di esenzione per categoria".
Per tale regola, il credito d'imposta dell'art. 8 puo' essere fruito con
riferimento ad investimenti per i quali l'impresa beneficia di altre
agevolazioni, sotto forma di contributi a fondo perduto, in conto capitale o
in conto interessi, solo se i citati contributi siano concessi nel rispetto
della regola de minimis e le singole leggi agevolative non prevedano
specifiche ipotesi di incumulabilita'.
Deve pertanto guardarsi all'incompatibilita' sia dal punto di vista
dell'articolo 8 della legge n. 388 del 2000, sia delle singole leggi di cui
si vuole verificare la compatibilita'. Se queste ultime si configurano come
aiuti di stato o a finalita' regionale, vi e' sicuramente incompatibilita'
con l'articolo 8 della legge n. 388 del 2000.
Se le singole leggi regionali rientrano nella regola del de minimis, si
dovra' solo verificare che non contengano una disposizione di
incompatibilita' con altri aiuti.
Nella fattispecie rappresentata, che riguarda la legge della Regione
Sardegna n. 51 del 1993, occorre avere riguardo all'articolo 13 della stessa
legge che espressamente prevede che "le agevolazioni... non sono cumulabili
per il medesimo oggetto o con altre provvidenze creditizie o contributive
previste dalla normativa regionale; sono invece cumulabili con agevolazione
statali o comunitarie aventi analoghe finalita', purche' l'ammontare
complessivo della contribuzione non sia superiore al massimale CEE di aiuto,
calcolato in equivalente sovvenzione netto".
Poiche' l'agevolazione prevista dall'articolo 8 della legge n. 388 del 2000
gia' raggiunge tale limite, ne consegue l'incompatibilita' tra le due leggi.
18 REDDITI DI FONTE ESTERA
D.: Una persona fisica residente in Italia, nel corso del 2001, e' stato
dipendente di un'azienda tedesca, producendo un reddito lordo di 98.000 Ã, a
fronte del quale ha pagato allo Stato tedesco imposte per un ammontare pari
a 32.000 Ã, al netto del rimborso che dovra' ricevere per oneri deducibili.
Il contribuente ha soggiornato per piu' di 183 giorni in Germania ma,
nonostante cio', ha mantenuto l'iscrizione anagrafica in Italia dove e'
rimasta la sua famiglia. Cio' premesso.
1. il contribuente si puo' considerare fiscalmente residente in Italia?
2. deve dichiarare il reddito netto, lordo o quello convenzionale?
3. nella dichiarazione 2002 puo' detrarsi, fino a concorrenza, le
imposte pagate quest'anno nello Stato tedesco?
4. quali documenti occorre conservare a comprova del pagamento delle
imposte pagate all'estero?
5. spettano al contribuente le detrazioni d'imposta per lavoro
dipendente prestato all'estero?
R.:
1. Ai sensi della Convenzione Italia-Germania, la circostanza che il
contribuente sia rimasto iscritto nelle liste anagrafiche italiane e
che la sua famiglia sia rimasta in Italia e' sufficiente per
dimostrare che ha mantenuto in Italia "il centro dei suoi affari e
interessi vitali" e per ritenerlo, di conseguenza, fiscalmente
residente in Italia.
2. Il reddito da dichiarare e' quello convenzionale di cui all'art.
48, comma 8bis, del T.U.I.R.
3. Le imposte pagate all'estero sono detraibili se divenute
"irripetibili" e, di conseguenza, non possono essere considerate tali
quelle suscettibili di modificazione a favore del contribuente (Es:
imposte pagate in acconto o in via provvisoria e quelle per le quali
e' prevista la possibilita' di rimborso totale o parziale). Si
possono considerare "non ripetibili", e quindi detraibili, anche le
imposte pagate all'estero nell'anno in corso, qualora siano gia' state
dichiarate all'estero e pagate prima di effettuare la dichiarazione
dei redditi in Italia e soddisfino i predetti requisiti di
immodificabilita'. Se sono suscettibili di rimborso, le imposte pagate
all'estero si possono detrarre nell'anno in corso, al netto del
rimborso, solo se questo e' gia' stato richiesto ed ottenuto prima di
effettuare la dichiarazione in Italia e si possa considerare certo nel
suo ammontare.
4. I documenti da conservare sono:
- la distinta prevista nelle istruzioni del modello UNICO 2002 da
cui risultino gli elementi ivi indicati (l'ammontare dei redditi
prodotti all'estero, l'ammontare delle imposte pagate in via
definitiva all'estero, ecc...);
- la copia della dichiarazione dei redditi prodotta in Germania;
- l'eventuale richiesta di rimborso (qualora non sia inserita
direttamente nella dichiarazione dei redditi);
- la distinta di versamento delle imposte pagate in Germania;
- la certificazione rilasciata dal datore di lavoro.
5. Spettano le detrazioni per redditi di lavoro dipendente come anche
quelle per carichi di famiglia.
19 TERMINI DI VERSAMENTO - Articolo 17 del decreto del Presidente della
Repubblica 7 dicembre 2001, N. 435, come modificato dall'articolo 2
del decreto legge 15 aprile 2002, n. 63.
19.1 Societa' in liquidazione
D.: Si chiede di conoscere la scadenza dei termini di versamento delle
imposte di una societa' messa in liquidazione il 20 novembre 2001 e che
deposita il bilancio finale di liquidazione il 31 dicembre 2001.
R.: Nel caso in esame si applicano i nuovi termini di versamento di cui
all'articolo 17 del DPR n. 435 del 2001, come modificato dall'articolo 2 del
decreto legge n. 63 del 2002, in vigore dal 18 aprile 2002.
Se il soggetto in liquidazione e' una societa' di capitali, le imposte a
saldo dovute in base alla dichiarazione ante liquidazione devono essere
versate entro il 20 maggio 2002, o il 19 giugno 2002 con la maggiorazione
dello 0,40 per cento e quelle dovute in base alla dichiarazione finale di
liquidazione, entro il 20 giugno 2002, o entro il 22 luglio 2002 con la
maggiorazione dello 0,40 per cento.
Se la societa' in liquidazione e' una societa' di persone le imposte a saldo
risultanti da entrambe le dichiarazioni, ossia la dichiarazione ante
liquidazione e quella finale di liquidazione devono essere versate entro il
20 giugno 2002, o entro il 22 luglio 2002 con la maggiorazione dello 0,40
per cento, atteso che entro il 2002 devono essere presentate sia la
dichiarazione ante liquidazione sia la dichiarazione finale di liquidazione.
Cio' in quanto, ai sensi del novellato articolo 5 del DPR n. 322 del 1998,
la dichiarazione ante liquidazione, relativa al periodo compreso tra la data
d'inizio del periodo d'imposta e quella in cui ha effetto la delibera di
messa in liquidazione (dal 1 gennaio al 19 novembre 2001) deve essere
presentata entro il 30 giugno 2002 tramite banca o posta, ovvero entro il 30
settembre 2002 in via telematica e la dichiarazione finale di liquidazione,
relativa al periodo successivo che si conclude con il deposito del bilancio
finale di liquidazione (dal 21 novembre 2001 al 31 dicembre 2001), deve
essere presentata entro il 31 luglio 2002 tramite banca o posta, ovvero
entro il 31 ottobre 2002 in via telematica.
19.2 Scioglimento anticipato delle societa' di persone senza preventiva
messa in liquidazione
D.: Una societa' in nome collettivo si scioglie senza preventiva messa in
liquidazione il 18 marzo 2002. Quale e' il termine di presentazione in via
telematica della dichiarazione relativa al periodo dal 1 gennaio 2002 al 18
marzo 2002? L'ultimo giorno del decimo mese successivo alla data di
scioglimento della societa', oppure quello piu' lungo del 31 ottobre
dell'anno successivo, dato che non si ha una procedura formale di
liquidazione?
Si chiede, infine, di conoscere se il versamento delle imposte a saldo,
relativamente al periodo dal 1 gennaio 2002 al 18 marzo 2002, deve essere
effettuato entro il 31 maggio 2003.
R.: La procedura ordinaria di liquidazione e' obbligatoria per le societa'
di capitali, ma non per gli imprenditori individuali e le societa' di
persone che possono cessare senza seguire la procedura formale di
liquidazione.
Nel caso in esame la societa' in nome collettivo si e' sciolta senza
preventiva liquidazione; ne consegue che non sono applicabili i termini di
presentazione delle dichiarazioni nei casi di liquidazione di cui
all'articolo 5 del DPR n. 322 del 1998.
In tale ipotesi, pertanto, il termine di presentazione in via telematica
della dichiarazione relativa al periodo dal 1 gennaio 2002 al 18 marzo 2002
e' il 31 ottobre 2003, ai sensi del vigente articolo 2, comma 1, del DPR n.
322 del 1998.
Il versamento del saldo delle imposte risultanti da tale dichiarazione deve
essere effettuato entro il 20 giugno 2003, o entro il 20 luglio 2003 con la
maggiorazione dello 0,40 per cento, ai sensi del novellato articolo 17 del
DPR n. 435 del 2001.
19.3 Imposte sostitutive
D.: Si chiede se anche le imposte sostitutive possano pagarsi entro il 22
luglio con la maggiorazione dello 0,40 per cento oppure se debbano comunque
versarsi entro il 20 giugno. Si chiede poi se le imposte sostitutive siano
rateizzabili o meno.
R.: Si ritiene che anche le imposte sostitutive possano versarsi entro il 22
luglio con la maggiorazione dello 0,40 per cento, anziche' il 20 giugno
qualora le singole leggi istitutive ai fini del versamento facciano rinvio
alle modalita' ed ai termini previsti per il versamento a saldo delle
imposte risultanti dalla dichiarazione.
Le imposte sostitutive non sono rateizzabili ai sensi dell'articolo 20 del
decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241 poiche' la norma limita
l'applicazione di tale istituto alle sole "somme dovute a titolo di saldo e
di acconto delle imposte" scaturenti dalle dichiarazioni.
Tali imposte possono essere dilazionate, invece, qualora sia previsto dalle
singole leggi istitutive e con le modalita' dalle stesse stabilite.
19.4 Rateazione: calcolo degli interessi
D.: Si chiede conferma del fatto che nel calcolo degli interessi del 6%
annuo sulle rate successive alla prima non si tiene conto dei giorni di
spostamento nel pagamento quando la scadenza ordinaria cade di sabato o
domenica.
R.: La misura degli interessi sulla rata successiva alla prima e' stata
determinata considerando che tutti i mesi sono di trenta giorni e che gli
interessi sono dovuti dal giorno successivo alla scadenza della prima rata
fino al giorno di pagamento fissato per la seconda rata, ossia fino alla
scadenza ordinaria. Ne consegue che qualora il giorno di pagamento della
seconda rata cada di sabato o domenica, nel calcolo degli interessi non
devono calcolarsi i giorni di spostamento del pagamento come previsto
dall'articolo 18, comma 1, decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241, secondo
cui "...se il termine scade di sabato o di giorno festivo il versamento e'
tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo".
19.5 Ravvedimento operoso di imposte non versate
D: L'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede
che "...se il termine scade di sabato o di giorno festivo il versamento e'
tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo".
Si chiede se come termine di versamento si puo' intendere anche il temine
per avvalersi del ravvedimento di imposte non versate; ad esempio se un
contribuente vuole utilizzare il ravvedimento breve per sanare un carente o
omesso versamento e il trentesimo giorno e' di sabato o domenica.
R.: L'articolo 1 del decreto ministeriale 31 marzo 2000 prevede che "le
disposizioni in materia di versamento unitario con compensazione si
applicano, con riferimento ai tributi, ai contributi e ai premi elencati
nell'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241
anche alle somme, ivi comprese le sanzioni, dovute ai sensi degli articoli
13, 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472".
Pertanto, per il rinvio espresso dell'articolo 18, comma 1, del decreto
legislativo n. 241 del 1997 al precedente articolo 17, la norma secondo cui
qualora il termine scada di sabato o di giorno festivo il versamento e'
tempestivo se effettuato il primo giorno lavorativo successivo, si applica
anche per il pagamento delle somme dovute a seguito del ravvedimento di cui
all'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997.
20 NUOVE INIZIATIVE PRODUTTIVE ARTICOLO 13 LEGGE N. 388 DEL 2000
D.: Vale il c.d. "comportamento concludente" per i contribuenti che, avendo
i requisiti richiesti dall'articolo 13 della legge n. 388 del 2000, hanno
applicato detto regime pur non avendo esplicitato l'opzione secondo quanto
stabilito dal corrispondente regolamento del 14 marzo 2001? In caso
contrario, e' possibile "sanare" la mancata preventiva opzione in sede di
presentazione di UNICO 2002?
R: Nel caso di specie, si ritiene applicabile il principio generale fissato
dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre
1997, n. 442, secondo cui, l'opzione o la revoca dei regimi di
determinazione dell'imposta o dei regimi contabili si desumono da
comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalita' di tenuta delle
scritture contabili.
21 RETTIFICa DELLA DICHIARAZIONE
D.: E' possibile correggere un modello Unico presentato per l'anno 1999 nel
quale il contribuente ha dichiarato un reddito piu' alto di quello
effettivo, presentando una dichiarazione integrativa, al fine di ottenere il
rimborso dell'IRPEF versata in piu'?
R.: L'articolo 2 del regolamento di "semplificazione" degli adempimenti
fiscali, approvato con DPR 7 dicembre 2001, n. 435, ha modificato l'art. 2
del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322,
introducendo il comma 8-bis. In base a tale norma, le dichiarazioni dei
redditi, dell'imposta regionale delle attivita' produttive e dei sostituti
d'imposta, possono essere integrate per correggere errori od omissioni che
abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito, o comunque di un
maggior debito d'imposta o di un minor credito, purche' l'integrazione
avvenga non oltre il termine prescritto per la presentazione della
dichiarazione relativa al periodo successivo.
Nel caso in esame, il termine di presentazione della dichiarazione relativa
al periodo d'imposta successivo al quello oggetto di integrazione e' gia'
ampiamente scaduto alla data del 1 gennaio 2002, data di entrata in vigore
del regolamento di semplificazione.
Pertanto non puo' piu' essere presentata la dichiarazione integrativa per
correggere un errore da cui consegue una maggior credito o un minor debito.
D.: Un contribuente ha presentato tramite CAF e quindi entro il 31 maggio
2001, il modello 730 per i redditi 2000. In sede di presentazione del
modello 730/2002 si accorge che la dichiarazione precedente era infedele (ad
esempio omissione di reddito) e quindi sanzionabile da parte
dell'Amministrazione.
Si chiede di conoscere se il termine per avvalersi dell'istituto di cui
all'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (ravvedimento
operoso) e' da considerarsi il 31 maggio (scadenza presentazione mod. 730),
ovvero il 31 ottobre, termine ultimo per presentare in via telematica il
modello Unico.
R.: La regolarizzazione della dichiarazione attraverso il ravvedimento ai
sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 deve essere
effettuata "entro il termine per la presentazione della dichiarazione
relativa all'anno nel corso del quale e' stata commessa la violazione".
La correzione degli errori ed omissioni riguardanti il modello 730 2001 puo'
essere effettuata mediante la presentazione di Unico 2001 Persone fisiche.
Quanto ai termini per effettuare il ravvedimento, tenuto conto che puo'
essere utilizzato il modello Unico cartaceo ovvero quello telematico il
ravvedimento potra' essere effettuato entro il 31 luglio 2002 ovvero entro
il 31 ottobre 2002 secondo la modalita' di presentazione di Unico 2002
prescelte.
Si ricorda che il ravvedimento si perfeziona:
. con la presentazione della dichiarazione redatta su modelli conformi a
quelli approvati per il periodo d'imposta interessato, entro i predetti
termini;
. con il versamento contestuale della maggiore imposta, degli interessi e
della sanzione ridotta a un quinto del minimo edittale.
E' utile ricordare che gli errori e le violazioni riguardanti il modello 730
possono essere corretti nei modi seguenti a seconda che l'integrazione
comporti un maggior rimborso o un minor debito ovvero un minor rimborso o un
maggior debito. Se la modifica provoca un maggior rimborso o un minor
debito, puo' essere presentato al CAF, entro il 31 ottobre dell'anno di
presentazione del 730 errato, un modello 730 integrativo.
Qualora, invece, la correzione comporta un minor rimborso o un maggior
debito occorre presentare un modello Unico Persone fisiche dell'anno di
presentazione del modello 730 errato, entro gli ordinari termini previsti
per la presentazione di Unico e versare direttamente le maggiori imposte,
compresa la differenza rispetto all'importo del credito risultante dal
modello 730, che verra' comunque rimborsato dal sostituto d'imposta.
Quando sono decorsi i termini stabiliti per la presentazione di Unico le
violazioni possono essere regolarizzate mediante il ricorso all'istituto del
ravvedimento disciplinato dal citato articolo 13 del decreto legislativo 472
del 1997.
Sono, infine, applicabili le modalita' d'integrazione delle dichiarazioni
presentate previste dai commi 8 e 8-bis dell'articolo 2 del DPR n. 322 del
1998.
22 DICHIARAZIONE IN EURO
D.: E' possibile presentare in lire le dichiarazioni relative all'anno 2001
da parte di chi, pur avendo tenuto per tutto l'anno la contabilita' in lire,
si sia limitato alla mera redazione del bilancio in euro, ai soli fini di un
piu' agevole successivo confronto di dati?
R.: Come e' stato gia' precisato con le circolari n. 291/E del 23 dicembre
1998 e n. 106/E del 21 dicembre 2001, l'obbligo di presentare le
dichiarazioni fiscali in euro incombe sui contribuenti che durante il
periodo transitorio abbiano gia' adottato l'euro quale unita' di conto. Tale
circostanza viene evidenziata, quale atto finale di una scelta gia' in
precedenza effettuata, nella redazione del bilancio o del rendiconto in euro.
Nel quesito proposto, invece, la volonta' del contribuente e' stata quella
di continuare ad utilizzare la lira quale unita' di conto ancora per l'anno
2001, mentre la redazione del bilancio in euro deriva esclusivamente da una
scelta di natura pratica di poter in seguito effettuare un piu' agevole
confronto di dati. In tal caso, pertanto, si ritiene che la valuta in cui
viene redatto il bilancio non assurge a specifica scelta di transitare
all'euro, per cui il contribuente sara' libero nella compilazione delle
dichiarazioni, relative al 2001, di poter ancora utilizzare, per l'ultima
volta, la lira ovvero di utilizzare l'euro, fermo restando che qualora sia
stata redatta in euro una dichiarazione relativa al 2001 (ad esempio
l'ultima dichiarazione periodica IVA) le successive dovranno essere redatte
nella stessa valuta.
23 DEDUZIONE FORFETARIA AUTOTRASPORTATORI
D.: Una ditta esercente l'attivita' di autotrasporto nel corso dell'anno
2000 ha superato il volume d'affari di 360 milioni di lire (ma non quello di
600 milioni di lire) ed ha proceduto, per il 2001, alla tenuta obbligatoria
della contabilita' ordinaria. Successivamente, pur essendo stati elevati a
600 milioni di lire, nel corso del 2001, i limiti dei ricavi e del volume
d'affari rilevanti ai fini della individuazione delle imprese minori, ha
continuato a tenere la contabilita' ordinaria per opzione.
Si chiede se l'impresa ha diritto alla deduzione forfetaria per gli
autotrasportatori, considerato che, a seguito delle modifiche apportate nel
corso del 2001, deve ritenersi impresa minore che ha optato per la tenuta
della contabilita' ordinaria.
In caso di risposta affermativa, la deduzione spetta per l'intero anno o
solo dalla data di modifica della normativa?
R: Con decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2001, n. 222, e'
stato elevato a lire 600 milioni il limite dei ricavi, non superando il
quale le imprese esercenti attivita' di prestazioni di servizi sono ammesse
al regime di contabilita' semplificata. Il nuovo limite decorre dal periodo
d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del citato decreto, ossia
dal 28 giugno 2001.
Ai fini della individuazione del regime contabile naturale per l'anno 2001
e', quindi, necessario verificare se i ricavi complessivamente conseguiti
nell'anno 2000 sono o meno superiori al limite dei 600 milioni di lire.
Ne consegue che i contribuenti che nell'anno 2000 non hanno conseguito
ricavi per un ammontare superiore a 600 milioni di lire devono ritenersi
ammessi in regime di contabilita' semplificata, sempre che non abbiano
optato per la contabilita' ordinaria, a nulla rilevando il fatto che
all'inizio dell'anno 2001, prima dell'entrata in vigore del regolamento,
erano transitati in regime di contabilita' ordinaria avendo realizzato
nell'anno precedente un ammontare di ricavi superiore al di 360 milioni di
lire previsto dalla normativa previgente.
Pertanto, i soggetti esercenti l'attivita' di autotrasporto che rientrano
nella fattispecie appena descritta possono beneficiare della deduzione
prevista dall'articolo 79, comma 8, del TUIR, approvato con DPR n. 917 del
1986, per tutto l'anno d'imposta 2001 anche nel caso in cui, come previsto
dall'articolo 13, comma 4, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90, abbiano optato
per la contabilita' ordinaria.
24 IVA
24.1 Iva sugli spettacoli
D.: Per usufruire del forfait previsto se gli incassi lordi non superano
nell'anno i 50 miloni di lire (articolo 74 - quater, comma 5, DPR n. 633 del
1972), si deve avere riguardo ai soli incassi derivanti dalle attivita' di
gestione del cinema o ci si deve riferire al complesso dei ricavi di tutte
le attivita' gestite dalla parrocchia (e quindi includere anche il bar e la
scuola materna?).
R.: L'articolo 74 - quater, comma 5, del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n.633 prevede un particolare regime agevolativo,
consistente nella determinazione forfetaria della base imponibile, per i
soggetti che svolgono attivita' di spettacolo viaggiante nonche' per quelli
che nell'anno solare precedente hanno realizzato un volume d'affari non
superiore a cinquanta milioni di lire, pari a 25.822,84 euro.
A quest'ultimi soggetti, che hanno conseguito un volume d'affari non
superiore al predetto importo di 25.822,84 euro, pari a cinquanta milioni di
lire, l'articolo 8 del DPR 30 dicembre 1999, n.544 riserva inoltre un regime
contabile semplificato.
Ai fini dell'applicazione delle anzidette agevolazioni, per "volume
d'affari" s'intende quello afferente solo le attivita' di spettacolo
elencate nella tabella C del citato DPR n. 633 del 1972. In tal senso si e'
espressa, con parere n.153*02 dell'11 gennaio 2002, l'Avvocatura Generale
dello Stato, la quale ha evidenziato in proposito la finalita' della
disciplina agevolativa in esame che, fondandosi su elementi oggettivi
(natura e rilevanza dell'attivita'), mira a favorire le attivita'
spettacolistiche economicamente limitate. Secondo l'Organo Legale non vi e',
dunque, ragione di negare il regime di favore recato dagli articoli
74-quater, comma 5, del DPR n.633 del 1972 e 8 del DPR n.544 del 1999,
quando, in presenza di un'attivita' spettacolistica di rilevanza economica
limitata, il volume d'affari complessivo di un determinato soggetto superi
il limite di cinquanta milioni di lire - 25.822,84 euro- per effetto
dell'esercizio di altre attivita'.
Pertanto, nel caso oggetto del quesito il volume d'affari da considerarsi e'
solo quello derivante dall'attivita' spettacolistica di gestione del cinema.
24.2 Plafond
D.: E' stato chiesto di conoscere se l'indicazione dei dati suddivisi per
mese da riportare nelle colonne 3 e 4 del quadro VC (volume d'affari
relativo all'anno d'imposta 2001 e ammontare delle cessioni
all'esportazione, operazioni assimilate e/o servizi internazionali e
operazioni intracomunitarie) possa essere considerata facoltativa per gli
esportatori, che nell'anno 2001 si siano avvalsi della facolta' di
effettuare acquisti in sospensione di imposta con riferimento al plafond
solare.
R: Le istruzioni ai modelli di dichiarazione precisano che tutti i soggetti
che nel corso dell'anno 2001 hanno utilizzato il plafond sono tenuti a
compilare le colonne 3 (volume d'affari) e 4 (ammontare delle operazioni non
imponibili effettuate, vale a dire operazioni di esportazione, operazioni
assimilate e operazioni intracomunitarie, ecc.) del quadro VC, riportando i
relativi dati distinti per mese.
L'obbligo nasce dalle disposizioni dell'articolo 10 del DPR n. 435 del 2001
che ha stabilito appunto per gli esportatori abituali, che fanno uso del
plafond, di annotare in un apposito prospetto della dichiarazione IVA,
distintamente per mese, i predetti dati. Invero, queste indicazioni si
presentano come adempimento sostitutivo dell'annotazione dei medesimi dati
nei registri IVA, previsto dal terzo comma dell'articolo 1 del decreto legge
n. 746 del 1983, abrogato dall'articolo 19 dello stesso DPR n. 435.
Considerato che queste ultime annotazioni dovevano essere effettuate sia dai
contribuenti con plafond mobile che dai contribuenti con plafond annuale non
sembra possibile rendere facoltativa, per i contribuenti con plafond
calcolato su anno solare, l'indicazione, distinta per mese, dei dati in
questione, sostituendola con l'indicazione degli importi totali riferiti
all'intero anno.
D: Si chiede di specificare quale debba essere, in sede di dichiarazione
IVA, la corretta collocazione ed esposizione dei dati relativi ad
un'operazione di esportazione effettuata nell'anno 2001 e fatturata ai sensi
dell'articolo 8, comma 1, lettera b), del DPR n.633 del 1972, per la quale a
seguito dell'inadempimento del cessionario non residente, il cedente ha
proceduto alla regolarizzazione dell'operazione stessa.
R.: Il caso prospettato riguarda un'operazione di cessione all'esportazione,
effettuata ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera b), del DPR n. 633 del
1972, con consegna nello Stato dei beni al cliente non residente, operatore
economico. Gli obblighi relativi all'esportazione incombono sul cessionario,
il quale deve restituire al cedente un esemplare della fattura vistata dalla
dogana di uscita dalla Comunita', entro 90 giorni dall'operazione.
Il mancato adempimento degli obblighi da parte del cessionario impone al
cedente di procedere alla regolarizzazione dell'operazione con applicazione
dell'imposta e conseguente versamento dell'IVA dovuta.
A seguito di tale regolarizzazione, l'operazione perde la natura di "non
imponibile", diventando fin dall'origine "operazione imponibile", per cui in
sede di dichiarazione annuale il contribuente provvedera' ad annotare:
- l'operazione come imponibile nei righi da VE20 a VE22
- l'imposta versata nel rigo VL29.
D.: Quale e' la procedura di regolarizzazione delle operazioni per le quali
sia stata rilasciata nel corso dell'anno 2001 la dichiarazione d'intento
oltre il limite del plafond disponibile da parte dell'esportatore abituale?
R.: L'acquisto di beni e servizi senza l'applicazione dell'imposta
effettuato utilizzando il plafond disponibile oltre il limite, secondo le
indicazioni gia' fornite con la circolare 17 maggio 2000, n. 98, puo' essere
regolarizzato secondo una delle seguenti procedure.
1. Richiesta al cedente o prestatore di effettuare ai sensi
dell'articolo 26 del DPR n. 633 del 1972 le variazioni in aumento
dell'IVA non addebitata in fattura. In tal caso resta a carico
dell'acquirente l'obbligo del pagamento degli interessi e delle
sanzioni. Qualora la violazione non sia stata constatata o accertata
il contribuente puo' avvalersi del ravvedimento di cui all'articolo 13
del decreto legislativo n. 472 del 1997 che comporta la riduzione
della sanzione.
2. Emissione di autofattura in duplice esemplare contenente gli
estremi identificativi di ciascun fornitore, il numero progressivo di
protocollo delle fatture ricevute, l'ammontare eccedente il plafond e
l'imposta che avrebbe dovuto essere applicata.
L'acquirente deve
- provvedere al versamento dell'imposta oltre gli interessi e le
sanzioni nella misura ridotta ai sensi dell'articolo 13 del
decreto legislativo n. 472 del 1997, utilizzando il modello F24,
indicando per l'imposta e gli interessi il codice tributo del
periodo in cui erroneamente e' stato effettuato l'acquisto senza
l'applicazione dell'Iva, e per le sanzioni il codice 8904 -
sanzione pecuniaria IVA ravvedimento operoso.
- deve annotare l'autofattura nel registro degli acquisti
- infine presentare l'autofattura al locale ufficio delle
entrate.
In tal modo, l'imposta regolarizzata confluira' nell'ammontare dell'imposta
in detrazione della dichiarazione annuale e nell'ammontare dei versamenti
effettuati.
Tuttavia, al fine di evitare la doppia detrazione dell'imposta regolarizzata
e' necessario indicare nella dichiarazione annuale l'imposta regolarizzata
anche in una posta di debito.
3. La regolarizzazione puo', infine, essere effettuata in sede di
liquidazione periodica mediante la contabilizzazione della maggiore
imposta derivante dall'autofattura emessa e degli interessi dell'IVA a
debito. Analogamente a quanto previsto nel precedente punto, il
cessionario o committente dovra' versare con F24 la sanzione prevista
dall'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997,
presentare un esemplare dell'autofattura al competente ufficio locale
dell'Agenzia e annotare la stessa nel registro degli acquisti.
In definitiva, la dichiarazione annuale dovra' rispettare i risultati
contabili derivanti dalle modalita' di regolarizzazione.
25 STUDI DI SETTORE
D.: Un imprenditore individuale ha svolto nel 2001 le attivita' di:
1. agente e rappresentante di commercio di materiale di
costruzione comprese nello studio di settore SG61H in vigore
dal 1999;
2. commercio all'ingrosso di materiale di costruzione comprese
nello studio di settore SM11B in vigore dal 2001;
Una societa' nel corso del 2001 ha svolto, invece, le attivita' di:
3. Bar, presa in considerazione dallo studio di settore SG37U in
vigore dal 1998;
4. commercio al dettaglio di bevande, compresa studio di settore
SM27C in vigore dal 2001;
Nel corso del 2001 i predetti contribuenti non hanno provveduto alla
distinta annotazione dei ricavi e dei costi rilevanti per l'applicazione
degli studi di settore perche' solo nel corso del 2002 si e' venuti a
conoscenza della approvazione degli studi di settore SM11B e SM27C.
Nella dichiarazione Unico 2002 vanno applicati i parametri o gli studi di
settore Devono essere compilati gli appositi modelli per l'annotazione
separata previsti per i contribuenti che svolgono piu' attivita'?
R.: I contribuenti che esercitano due o piu' attivita' d'impresa per le
quali trovano applicazione gli studi di settore approvati nel corso
dell'anno 2002 (applicabili a partire dal 2001) non hanno per il periodo di
imposta 2001 alcun obbligo di annotazione separata perche' i decreti di
approvazione dei 39 nuovi studi di settore applicabili a partire dal periodo
d'imposta 2001 prevedono che l'obbligo di annotazione separata, per i
contribuenti che svolgono una delle attivita' comprese in tali studi,
decorrono dal 1 maggio 2002. Conseguentemente nei casi prospettati:
. se l'importo complessivo dei ricavi dichiarati relativi alle attivita'
non prevalenti supera il 20% dell'ammontare totale dei ricavi dichiarati si
applicano i parametri previsti per l'attivita' che risulta prevalente in
termini di ricavi conseguiti, perche' in assenza di annotazione separata
opera la causa di inapplicabilita' prevista per i contribuenti che svolgono
piu' attivita';
. se l'importo complessivo dei ricavi dichiarati relativi alle attivita'
non prevalenti non supera il 20% dell'ammontare totale dei ricavi dichiarati
si applica il solo studio di settore relativo alla attivita' prevalente;
. In entrambe i casi non c' e' obbligo di compilazione dei modelli per
l'annotazione separata (modello M, modello N e tradizionali modelli SD, SM,
SG, SK imprese).
I contribuenti in questione, come esplicitamente chiarito nel paragrafo 4
delle istruzioni per la compilazione dei modelli per l'annotazione separata,
possono pero' aver spontaneamente provveduto agli obblighi di annotazione
separata ed in questo caso possono applicare gli studi di settore con i
criteri previsti per i contribuenti che svolgono piu' attivita' stabiliti
dal decreto del Ministro della Economia e delle Finanze del 25 marzo 2002.
In tal caso saranno tenuti a compilare i modelli per l'annotazione
separata (modello M, modello N e tradizionali modelli SD, SM, SG, SK
imprese) e potranno valutare congruita' e coerenza dei ricavi dichiarati
utilizzando l'applicazione Gerico Annotazione Separata.
D.: Una societa' nel corso del 2001:
5. in un primo locale ha svolto attivita' di Bar (studio di settore
SG37U) per l'intero anno 2001;
6. in un secondo locale ha gestito direttamente l'attivita' di Bar
fino al 10 maggio 2001, poi a partire dal 11 maggio ha concesso
in affitto questo ramo d'azienda limitandosi ad emettere delle
fatture con IVA.
Come deve comportarsi in UNICO 2002? Deve compilare il modello M? E'
soggetto a studi di settore o parametri? L'affitto d'azienda e' da
considerarsi un'attivita' a ricavo fisso?
R.: La circolare n. 134 del 3 luglio 2000, ha chiarito che l'obbligo di
annotazione separata dei ricavi non viene meno in presenza dei ricavi
derivanti da affitto di un ramo di azienda. Tali ricavi e i costi ad essi
connessi devono essere neutralizzati ai fini della applicazione degli studi
di settore nei confronti delle altre attivita' svolte dal contribuente.
In relazione al caso proposto si deve considerare che l'anno in cui un ramo
d'azienda viene concesso in affitto puo' essere considerato periodo di non
normale svolgimento della attivita' tenuto conto degli effetti che tale
circostanza potrebbe produrre sulla attivita' svolta dal contribuente.
L'articolo 3, comma 2, del decreto del Ministro della Economia e delle
Finanze del 25 marzo 2002 (con il quale sono stati approvati i criteri per
l'applicazione degli studi di settore ai contribuenti che svolgono piu'
attivita' o utilizzano piu' punti di produzione vendita) ha esplicitamente
previsto che i criteri individuati nel predetto decreto non si applicano,
tra l'altro, nei confronti dei contribuenti che sono interessati da una
delle cause di esclusione previste dall'articolo 10 della legge n. 146 del
1998, anche se la stessa riguarda solo una delle attivita' svolte o opera
soltanto all'interno di una delle unita' di produzione o vendita utilizzate.
Il periodo di non normale svolgimento della attivita', come ricordato nel
paragrafo 2, lettera b), delle istruzioni per la compilazione dei modelli
per l'annotazione separata rientra tra le cause di esclusione previste dal
citato articolo 10. In questi casi, per effetto della disposizione
contenuta nell'articolo 3, comma 4, lettera a), del decreto ministeriale del
25 marzo 2002, non si applicano ne' studi di settore ne' parametri.
Nelle istruzioni per la compilazione dei modelli per l'annotazione separata
e' stato, inoltre, precisato che in questi casi va compilato il solo modello
M indicando in corrispondenza della unita' operativa all'interno della quale
operava l'azienda ceduta la esistenza della causa di esclusione.
D: Un contribuente svolge le seguenti attivita': - amministratore di
condomini (studio di settore SK16A), - commercio al dettaglio di ferramenta
(studio di settore SM11A). Dall'attivita' di amministratore di condominio
consegue compensi per 36.151,98 euro (lire 70.000.000), mentre
dall'attivita' di commercio al dettaglio di ferramenta consegue ricavi per
51.645,69 euro (lire 100.000.000). In tale ipotesi e' corretto sostenere che
si devono compilare due studi di settore ognuno dei quali stima i ricavi
presunti?
R: Lo studio di settore SK16U puo' essere compilato dai contribuenti che
svolgono l'attivita' di amministratore di condomini sia in forma di impresa
che professionale. L'utilizzo del termine compensi fa ritenere che nel caso
esaminato il contribuente si sia qualificato come esercente arti e
professioni. Conseguentemente la sua posizione potra' essere valutata
applicando i due distinti studi SK16U e SM11A che stimeranno,
rispettivamente, l'entita' dei compensi della attivita' qualificata come
reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni e quella dei ricavi
relativi alla attivita' di commercio che rilevano ai fini della
determinazione del reddito d'impresa. In questa situazione non ricorrono
obblighi di annotazione separata.
D: In presenza di due attivita' di cui la principale, soggetta a studi di
settore e la secondaria soggetta a parametri con ricavi di ammontare
superiore al 20 per cento dei ricavi complessivi devono per l'anno 2001
(UNICO 2002), applicarsi i parametri con riferimento all'attivita'
principale?
R.: Nell'ipotesi di esercizio di multiattivita', di cui una non soggetta
agli studi di settore e per la quale si applicano i parametri, occorre
verificare se i ricavi relativi alla attivita' per la quale si applicano i
parametri superano o meno il limite del 20% dell'ammontare complessivo dei
ricavi dichiarati.
Nel primo caso, ossia quando i ricavi afferenti all'attivita' per la quale
si applicano i parametri sono superiori al 20% dei ricavi complessivi, si
applicano i parametri in relazione all'attivita' prevalente, anche se e' una
attivita' per la quale sono stati approvati studi di settore. In questo
caso non e' possibile applicare gli studi di settore con i criteri previsti
dal decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze emanato in data 25
marzo 2002 e, pertanto, non possono essere compilati i modelli riguardanti
l'annotazione separata.
Nel secondo, caso quando cioe' l'ammontare dei ricavi dell'attivita'
secondaria per la quale si applicano i parametri non supera il predetto
limite del 20%, torna applicabile lo studio di settore relativo
all'attivita' principale.
D.: Una snc, nel corso del 2001, ha svolto l'attivita' di commercio al
dettaglio di confezioni per adulti (SM05A), e, sempre nel corso del 2001, ha
iniziato a svolgere l'attivita' di LOCAZIONE DI BENI IMMOBILI (codice
attivita' 70.20.0) per la quale si applicano i parametri, visto che non e'
stato approvato lo studio di settore. Si chiede se anche nel caso in cui in
corso d'anno inizi o termini un'attivita' soggetta a parametri si applicano
le disposizioni del DPR n. 195 del 1999 e quindi non si applicano ne' gli
studi di settore ne' i parametri.
R.: In base all'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 148, l'inizio o la
cessazione dell'attivita' nel corso del periodo d'imposta costituisce causa
di esclusione dall'applicazione degli studi di settore.
L'articolo 4, comma 1, ultimo periodo del decreto del Presidente della
Repubblica 31 maggio 1999, n. 195 prevede, altresi', l'inapplicabilita' dei
parametri nei confronti dei soggetti per i quali operano le cause di
esclusione dagli accertamenti basati sugli studi di settore di cui al citato
articolo 10.
Nella situazione rappresentata dal contribuente si ritiene che la causa di
esclusione individuata in riferimento alla attivita' per la quale si
applicano i parametri determini anche la inapplicabilita' dello studio di
settore SM05A in analogia a quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, del
decreto del Ministro della Economia e delle Finanze del 25 marzo 2002 (con
il quale sono stati approvati i criteri per l'applicazione degli studi di
settore ai contribuenti che svolgono piu' attivita' o utilizzano piu' punti
di produzione vendita). Tale disposizione ha esplicitamente previsto che i
criteri individuati nel predetto decreto non si applicano, tra l'altro, nei
confronti dei contribuenti che sono interessati da una delle cause di
esclusione previste dall'articolo 10 della legge n. 146 del 1998, anche se
la stessa riguarda solo una delle attivita' svolte o opera soltanto
all'interno di una delle unita' di produzione o vendita utilizzate.
Al contribuente in esame non si applicano ne' gli studi di settore ne' i
parametri. In questo caso va compilato il solo modello M segnalando, in
corrispondenza dell'attivita' di LOCAZIONE DI BENI IMMOBILI, l'esistenza
della causa di esclusione utilizzando il codice 2.
26 DIVIDENDI DI FONTE ITALIANA
D.: E' stato posto il caso di un contribuente che nel corso del 2001 ha
percepito un dividendo di fonte italiana in relazione al quale spetta un
credito d'imposta pieno. L'imposta risultante dal quadro N e' inferiore al
suddetto credito. E' stato chiesto se sia corretto riportare l'intero
credito oppure solo la parte pari al debito d'imposta.
R.: Come noto, il credito d'imposta sui dividendi, introdotto inizialmente
dalla Legge 16 dicembre 1977, n. 904, ha la finalita' di eliminare la
doppia imposizione economica sui dividendi. Alla luce dei lineamenti
generali che informano questo sistema di eliminazione della doppia
imposizione, ad un credito d'imposta pieno spettante ad un socio in
relazione a dividendi percepiti, corrisponde, a monte, un'imposta gia'
assolta dalla societa' emittente.
Coerentemente il modello di dichiarazione nelle istruzione al quadro N non
prevede una limitazione al credito d'imposta pieno da portare in detrazione
dell'imposta netta. Pertanto, nel caso in cui l'importo del credito
d'imposta pieno sia superiore a quello dell'imposta netta, l'eccedenza puo'
dare origine ad un'imposta a credito.
Infatti, contrariamente al credito d'imposta limitato, il credito d'imposta
pieno puo' generare un'eccedenza d'imposta suscettibile di essere richiesta
a rimborso o riportata a nuovo.
27 EQUALIZZATORE
D.: Il credito d'imposta virtuale comunicato dalla Banca relativamente a
minusvalenze con applicazione del meccanismo dell'equalizzatore deve essere
indicato nel Quadro RT del modello UNICO 2002?
R.: Come noto, l'applicazione del meccanismo dell'equalizzatore puo' dar
luogo a un risultato positivo, che costituisce l'imposta da pagare al
momento della cessione o del rimborso del titolo, certificato o strumento
finanziario, ovvero ad un risultato negativo, che rappresenta un "credito
d'imposta virtuale" che puo' essere dedotto - nel periodo d'imposta in cui
e' stata effettuata la cessione o il rimborso, ma non oltre i quattro anni
successivi - dall'imposta dovuta con riferimento alle plusvalenze, proventi
e differenziali positivi realizzati nell'ambito di un altro rapporto
amministrato ovvero in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Pertanto, con riferimento al periodo di operativita' dell'equalizzatore, gli
intermediari abilitati all'applicazione del regime del risparmio
amministrato indicano il "credito d'imposta virtuale" nelle certificazioni
delle minusvalenze rilasciate ai sensi del comma 5 dell'articolo 6 del
decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, in caso di chiusura del
rapporto ovvero di revoca dell'opzione per l'applicazione del regime del
risparmio amministrato.
Ai fini del riconoscimento in sede di presentazione della dichiarazione dei
redditi, il credito d'imposta virtuale certificato dall'intermediario deve
essere convertito in una minusvalenza, moltiplicando l'importo del credito
per 100 e dividendo il risultato per 12,50.
In tal caso, considerato che si tratta di "minusvalenze" certificate da
intermediari per effetto della chiusura del rapporto o di revoca
dell'opzione per il regime amministrato, la minusvalenza deve essere
indicata nel rigo RT25, colonna 2, fino a concorrenza dell'importo
utilizzato a scomputo di plusvalenze realizzate e per la parte eccedente,
nel rigo RT32, colonna 5.
28 IMPOSTA SOSTITUTIVA DELL'11 PER CENTO SULLA RIVALUTAZIONE DEL TFR
D.: E' stato chiesto di chiarire le modalita' di determinazione della
rivalutazione del fondo TFR ai fini dell'applicazione del criterio
presuntivo di calcolo dell'acconto dell'imposta sostitutiva dell'11 per
cento.
R.: Come noto, a norma del comma 4 dell'articolo 11 del D.Lgs. n. 47 del
2000, e' dovuto un acconto dell'imposta sostitutiva dell'11 per cento sulle
rivalutazioni del TFR, calcolato sul 90 per cento delle rivalutazioni
maturate nell'anno solare precedente, tenendo conto quindi anche delle
rivalutazioni relative ai TFR erogati nel corso di detto anno. In
alternativa, l'acconto puo' essere determinato presuntivamente, avendo
riguardo al 90 per cento delle rivalutazioni che maturano nello stesso anno
per il quale l'acconto e' dovuto. L'acconto deve essere versato entro il 16
dicembre di ciascun anno e il saldo entro il 16 febbraio dell'anno
successivo, mediante l'utilizzo del modello di pagamento F24.
Al riguardo, si fa presente che l'imponibile da utilizzare per la
determinazione presuntiva dell'acconto dell'imposta sulla rivalutazione e'
costituito dal TFR maturato fino al 31 dicembre dell'anno precedente
relativo ai dipendenti ancora in forza al 30 novembre dell'anno in corso.
Al fine della determinazione della percentuale di rivalutazione si deve
utilizzare l'incremento dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai e di impiegati rilevato nel mese di dicembre dell'anno
precedente.
Per i dipendenti cessati in corso d'anno (entro il 30 novembre) l'acconto e'
dovuto nella misura del 90 per cento dell'imposta trattenuta sulle
rivalutazioni all'atto della cessazione del rapporto.
D.: Si chiedono le modalita' di versamento dell'acconto dell'imposta sulla
rivalutazione del TFR per le aziende costituite nell'anno precedente a
quello per il quale e' dovuto l'acconto e per le aziende costituite
nell'anno in corso.
R.: I sostituti d'imposta costituiti nell'anno precedente a quello per il
quale e' dovuto l'acconto possono versare direttamente il saldo dell'imposta
sostitutiva entro il 16 febbraio dell'anno successivo. In alternativa,
possono determinare l'acconto in via presuntiva avendo riguardo al 90 per
cento delle rivalutazioni che maturano nello stesso anno.
Con riferimento all'anno di costituzione, mancando una rivalutazione del
TFR, i sostituti d'imposta non devono versare l'imposta sostitutiva dell'11
per cento.